Lo stipendio di 40 mila euro del 2011 in pensione vale 41.200 euro. E quando viene utilizzato per il calcolo della seconda quota, riferita all’anzianità maturata dopo il 31 dicembre 1992, sale sino a 41.650 euro. Ora è dunque possibile calcolare con esattezza una pensione con decorrenza 2013, grazie ai coefficienti indicati dall’Istat che consentono di rivalutare le retribuzioni (i redditi nel caso dei lavoratori autonomi) da considerare per la determinazione della base annua pensionabile. Occorre ricordare, inoltre, che, come stabilito dalla recente riforma (art. 24, legge n. 214/2011), per il calcolo della pensione, oltre alla quota retributiva, occorre aggiungere una ulteriore quota, determinata con il criterio contributivo riferita all’anzianità maturata dopo il 31 dicembre 2011.
La retribuzione pensionabile. Il sistema di calcolo retributivo commisura l’importo del trattamento alla retribuzione media percepita negli ultimi anni di attività lavorativa, in modo da garantire una determinata percentuale della retribuzione stessa: 80% in presenza della massima anzianità di 40 anni (2%, per ogni anno). Con la riforma Amato del 1993 (art. 3 del dlgs n. 503/1992) la ricerca della retribuzione da considerare per il calcolo deve essere effettuata sugli ultimi dieci anni di attività. Fino al 31 dicembre 1992, la base per il calcolo della pensione era invece determinata dalla media degli ultimi cinque anni. Le retribuzioni da utilizzare vengono rivalutate in base all’inflazione. Per trasformare il vecchio stipendio in uno aggiornato, basta moltiplicarlo per gli appositi coefficienti resi noti ogni anno dall’Istat (si veda la tabella). Stesso discorso vale per i lavoratori autonomi per i quali, anziché la retribuzione, va rivalutato il reddito pensionabile.
Due quote. Sempre la riforma Amato, ha stabilito che dal 1° gennaio 1993 la misura della pensione sia costituita dalla somma di due distinte quote: la prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzianità contributiva maturata sino a tutto il 31/12/1992; la seconda (B), corrispondente all’importo del trattamento relativo all’anzianità acquisita dopo il 1/1/1993. Con l’introduzione del criterio di calcolo su due quote si è reso necessario l’utilizzo di due diversi tipi di coefficienti Istat di aggiornamento: il primo (secondo le vecchie regole), legato alla variazione della scala mobile del settore industria; il secondo più favorevole (secondo le nuove regole), ancorato invece alla variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati e operai.
La quota C. Per le pensioni con decorrenza dal 2012, il calcolo della rendita deve tener conto anche di una ulteriore quota (C), riferita all’anzianità acquisita successivamente al 31 dicembre 2011. La riforma Monti-Fornero (art. 24, legge n. 214/2011) ha infatti introdotto il criterio di calcolo contributivo per tutti, compresi coloro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali hanno finora beneficiato del solo (e più favorevole) criterio retributivo. Per spiegare meglio il criterio del doppio calcolo (quota A più quota B) e del diverso utilizzo dei coefficienti Istat di aggiornamento delle retribuzioni, si riporta il caso di un lavoratore che ha compiuto 65 anni nel giugno del 2012 e chiede la pensione con decorrenza 1° luglio 2013 con 42 anni e 6 mesi di contribuzione. La misura del trattamento sarà determinata dalla somma dei seguenti valori:
– quota A: anzianità maturata a tutto il 31 dicembre 1992: 22 anni. La retribuzione media annua è computata sulla base del quinquennio luglio 2008/giugno 2013, con gli adeguamenti Istat, previsti dalla normativa vigente a quella data;
– quota B: l’ulteriore anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011, ossia 19 anni. La retribuzione media annua è computata in base alle ultime 520 settimane, gli ultimi 10 anni (luglio 2003-giugno 2013), aggiornata con i coefficienti Istat, previsti dal dlgs n. 503/1992.
– quota C: l’ulteriore anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio al 30 giugno 2013 (1 anno e 6 mesi, pari a 26 settimane). Per determinare la quota C occorre individuare l’accantonamento maturato, ossia la retribuzione dell’intero periodo per il 33%, e valorizzarlo moltiplicandolo per il 5,435%, il coefficiente di trasformazione stabilito nel sistema «contributivo» per chi chiede la pensione all’età di 65 anni.