Meno Fondazione, più privati. È questa l’equazione per risolvere il rebus del rafforzamento patrimoniale da 800 milioni – parte cash, parte attraverso la vendita di asset – di Carige.
Una soluzione che sarebbe gradita anche alle autorità di vigilanza. Anche se va ribadito che l’ente che attualmente ha il pieno controllo dell’istituto (47,1%), non intende affatto mollare la presa. In caso di diluizione, attraverso la cessione dei diritti in vista dell’aumento (come anticipato sabato scorso da MF-Milano Finanza), la partecipazione resterà comunque di rilievo. Perché come trapela in ambienti vicini all’ente presieduto da Flavio Repetto (in carica fino a gennaio 2016), la banca è essenziale per l’attività e la partecipazione è assolutamente strategica. Al punto che nonostante il non positivo andamento di borsa (il titolo Carigelangue a 0,6 euro), la quota, in carico a 1,35 euro per azione, non viene e non sarà svalutata. «Oggi c’è una minusvalenza latente evidente, ma quando le azioni viaggiavano a 2,5 o 1,6 euro c’era una ben chiara plusvalenza», tagliano corto dal quartiere generale della Fondazione che ha chiuso il 2012 con un avanzo di gestione di circa 70 milioni (superiore ai 66 milioni del 2011) e un patrimonio di 1,1 miliardi.
Detto ciò, è opinione comune che presto entreranno in scena altri protagonisti.
Mentre nella città della Lanterna in molti si interrogano sul ruolo che potrebbero avere i Malacalza e i Garrone, le due famiglie più liquide. Maggior peso guadagneranno le fondazione delle banche toscane partecipate da Carige. Ad attirare questi potenziali nuovi soci è la politica di remunerazione che storicamente la banca riconosce ai soci, in larga parte clienti della stessa. Lo showdown è atteso tra il 19 marzo, giorno del cda che approverà il rafforzamento patrimoniale, e il 29 aprile, data dell’assemblea. (riproduzione riservata)