Parte oggi la Tobin Tax italiana. Tra gli operatori c’è apprezzamento per le ultime correzioni del Tesoro, ma anche la convinzione che si poteva fare di più per penalizzare la speculazione e i derivati. Da oggi gli scambi sui mercati regolamentati di azioni e strumenti finanziari partecipativi emessi da società italiane saranno colpiti con un’imposta dello 0,12% del valore di transazione (da gennaio 2014 l’aliquota sarà ridotta allo 0,10%).
Per gli scambi over-the-counter, cioè fuori dai mercati regolamentati, l’aliquota sale allo 0,22%, per poi scendere dall’anno prossimo allo 0,2%. Saranno esenti i market maker e le transazioni in Borsa di azioni emesse da società quotate che capitalizzano meno di 500 milioni di euro, così come i bond né titoli di Stato.
Nel caso dei derivati, l’imposta si applicherà da luglio in misura fissa, determinata a seconda della tipologia di strumento e del valore del contratto. Per il trading ad alta frequenza è prevista una tassa dello 0,02%.
Quale valutazione danno gli operatori alle novità? Secondo Fabio Deotto, responsabile della sala operativa di Equita Sim, la risposta va divisa in due parti. «Dal punto di vista tecnico, le correzioni del Tesoro rispetto alle proposte di partenza sono certamente positive. Le transazioni su titoli italiani sono colpite sempre, indipendentemente dal luogo dove si concludono. Inoltre, sarà praticamente impossibile per gli investitori fare arbitraggi o trovare scappatoie attraverso l’utilizzo di derivati, come è invece successo in Francia». Deotto spiega tuttavia che «la tassa colpisce gli investitori a lungo termine più degli speculatori. Innanzitutto i derivati, nonostante le polemiche durante la campagna elettorale, hanno ricevuto un trattamento di favore, poiché sono previsti massimali di importo fisso. Inoltre tutte le operazioni aperte e chiuse in giornata sono esenti». Queste ultime transazioni, chiuse con obiettivi speculativi, sfuggiranno al pagamento: l’imposta viene applicata soltanto se il saldo netto delle transazioni regolate per titolo a fine giornata risulta positivo.
Il governo ha previsto un gettito di un miliardo di euro, ma anche un forte calo dei volumi. «Senza dubbio la tassa inciderà sulle transazioni dei clienti istituzionali, perché è più onerosa delle commissioni», aggiunge Deotto. «Ci sarà una conseguenza paradossale per le sim, che da luglio verseranno al fisco tasse superiori al proprio fatturato. Ma perlomeno alcuni errori tecnici sono stati corretti». Secondo Andrea Silvestri, responsabile del dipartimento di diritto tributario dello studio Bonelli Erede Pappalardo, dal punto di vista giuridico «il decreto attuativo ha chiarito le norme in misura significativa». Silvestri sottolinea che le novità introdotte scongiurano rilevanti asimmetrie di mercato. L’imposta dovrà essere pagata da tutte le controparti coinvolte nella transazione, e sarà poi versata dagli intermediari. Sono escluse dall’applicazione i trasferimenti di proprietà di azioni o quote di organismi di investimento collettivo del risparmio, incluse le azioni di Sicav.
L’Italia ha introdotto la tassa dopo la Francia, ma prima che entri in vigore la normativa Ue (di cui non farà parte il Regno Unito) che è stata proposta dalla Commissione ed è in fase di discussione a Bruxelles (prevista un’aliquota dello 0,1% su azioni e bond, dello 0,01% sui derivati). La Germania, che pure era stato il principale promotore della Tobin in Europa, ha già anticipato che difficilmente si muoverà prima del 2015. (riproduzione riservata)