Fiscal Cliff italiano fuori dai programmi elettorali dei partiti. Il tema della previdenza complementare e le contromisure da prendere per evitare il baratro previdenziale in cui rischiano di cadere gli italiani (specie i più giovani con poco lavoro e un assegno Inps da miseria) non ha fatto breccia nella campagna elettorale. «Con qualche piccola eccezione, la politica tace sul tema previdenza complementare», fa notare Andrea Battista, esperto di previdenza.
A pagina 15 dell’agenda Monti ci sono appena due righe dedicate all’argomento. «A ormai quasi vent’anni dalla loro istituzione nel nostro sistema i fondi pensione non sono decollati. Va quindi dato un nuovo impulso alla previdenza complementare», si legge, «favorendone la crescita dimensionale con incentivi ai processi di fusione tra i fondi». Nessuna altro riferimento a misure utili per rendere consapevoli gli italiani della necessità di aderire a un fondo o sottoscrivere una polizza previdenziale per evitare una vecchiaia in povertà. Certo dire ai giovani che la loro pensione sarà da miseria può sembrare un argomento da evitare con cura in periodo di competizione elettorale e i continui rinvii dell’invio agli italiani dell’ormai famosa busta arancione che dovrebbe indicare l’entità della pensione pubblica, lo dimostra. Ma più realisticamente sollevare il problema, e soprattutto indicare la strada delle soluzioni potrebbe invece far crescere i consensi.
Qualche indicazione in più è contenuta nel programma di Fare, Fermare il declino, di Oscar Giannino che propone di introdurre la portabilità di tutte le posizioni individuali, compresi i contributi del datore, con la riduzione a sei mesi della permanenza minima in uno specifico fondo. Oltre alla possibilità di revocare annualmente il conferimento del tfr alla previdenza complementare. Ma è l’unico programma politico che dedica un passaggio dettagliato al tema, per il resto c’è un silenzio assordante. «Un argomento che però il prossimo governo non può ignorare», continua Battista. «La bomba sociale fatta assegni previdenziali non sufficienti a mantenere un ragionevole tenore di vita è in agguato».
Un rischio che si è aggravato con la recessione, ricorda Alberto Brambilla, più volte responsabile del nucleo di valutazione della spesa previdenziale del ministero del Lavoro. «Con il Pil in calo anche la pensione pubblica è destinata a scendere», dice, aggiungendo che «è uno scandalo non aver informato i giovani con la busta arancione. Perché più si va avanti e meno tempo avranno per construirsi una pensione di scorta adeguata». Chiunque salirà a palazzo Chigi non potrà ignorarlo ancora per molto. (riproduzione riservata)