Più di un terzo della capitalizzazione di Piazza Affari è in bilico sui faldoni giudiziari. Con l’iscrizione dell’ad di Eni, Paolo Scaroni, nel registro degli indagati per l’affaire Algeria-Saipem, e le perquisizioni di giovedì 7 febbraio negli uffici della compagnia petrolifera, il valore complessivo delle società quotate nel mirino dell’autorità giudiziaria è schizzato da 70 a 133 miliardi, a cui vanno aggiunti i circa 9,5 miliardi di Saipem, dalle cui disavventure in Algeria dipende appunto il coinvolgimento di Eni. Il conto finale fa rabbrividire: più di 140 miliardi sui circa 365 del valore complessivo di piazza Affari (dati di Borsa italiana a fine dicembre 2012) sono nel mirino dell’autorità giudiziaria. Saipem ed Eni sono infatti le ultime arrivate di una lista già lunga e corposa, che comprende altre nove società, come evidenziato da Milano Finanza nell’ottobre scorso: FonSai, Parmalat (che si è trascinata anche Intesa), Banco Popolare (le già citata vicenda Italease), Impregilo, Mps, Bpm, Unicredit, Telecom Italia e Finmeccanica. Tutti nomi non certo di second’ordine a Piazza Affari, qualcuno dei quali potrebbe uscire dalla lista in tempi ragionevoli, mentre per qualcun altro ci vorrà ancora tempo prima che si lasci alle spalle le vicende che lo ha fatto passare dalle cronache economiche a quelle giudiziarie. Nel primo caso c’è Impregilo, sotto la lente della magistratura per un presunto conflitto di interessi dell’amministratore delegato Pietro Salini e per un presunto accordo occulto tra il suo gruppo (29,9%) e il fondo Amber (7%). Ma visto che Salini ha lanciato un’opa totalitaria su Impregilo, tutta la questione, soprattutto quella relativa al conflitto di interessi, potrebbe perdere un po’ del suo significato. Diverso è il caso di Fonsai o di Bpm, per esempio, tornate sotto i riflettori solo nei giorni scorsi. Per quanto riguarda la compagnia assicurativa, lo scorso martedì 5 febbraio è arrivata la richiesta di un’azione di responsabilità nei confronti della passata gestione della compagnia, accusata di aver spolpato l’azienda, con un danno di centinaia di milioni. Per quanto riguarda la Banca Popolare di Milano, invece, altre perquisizioni sono state effettuate lo scorso 6 febbraio nell’ambito dell’affaire Bplus. Infine, per le nuove arrivate Eni e Saipem, il cammino è appena iniziato. Entrambi i gruppi sono rimasti coinvolti nel turbine giudiziario per un’inchiesta della procura di Milano relativa al presunto pagamento di tangenti finalizzate all’ottenimento di commesse per 11 miliardi in Algeria legate al progetto Medgaz, in jv con la locale Sonatrach. Giovedì scorso Eni ha ribadito la sua estraneità ai fatti, ricordando anche la svolta impressa alla controllata (43%) dopo lo scoppio dello scandalo, con le dimissioni immediate dell’ad Pietro Tali. (riproduzione riservata)