Una Tobin tax per pochi. I titoli delle società esenti dall’applicazione della nuova imposta sulle transazioni finanziarie, che dovrà essere versata a partire dal prossimo 16 luglio 2013, sono 219 (il 74% del totale) a fronte di un numero di società quotate sui mercati italiani pari a 295. Saranno, dunque, 76 realtà, il 26% del listino a vedere applicata l’imposta. Per il restante 74% scatta l’esenzione.
Le 219 realtà societarie al mese di novembre 2012, avevano una capitalizzazione di mercato media inferiore a 500 mln di euro e quindi, in base alle regole applicative del decreto di attuazione della Tobin tax (si veda l’anticipazione di ItaliaOggi del 30/1/2013), non dovranno all’erario alcun balzello. L’elenco è stato allegato insieme alla bozza di decreto e alla relativa relazione illustrativa, ieri, sul sito del ministero dell’economia che ha dato il via a una mini consultazione pubblica che chiuderà le porte ai commenti di istituzioni e operatori il 4 febbraio. I tempi brevi di consultazione fanno ritenere che il governo, sul punto, non vuole congelare il provvedimento ma procedere comunque all’ultimazione dei tasselli applicativi.
I commi da 491 a 499 dell’articolo 1 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità) prevedono l’istituzione di una imposta sulle transazioni finanziarie che si applica ai trasferimenti di proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi (comma 491), alle operazioni su strumenti finanziari derivati ed altri valori mobiliari (comma 492) nonché alle operazioni ad alta frequenza come definite nel comma 495 della legge stessa. Le aliquote sono pari allo 0,10% del valore della transazione per le azioni, mentre per i derivati opera una tariffa fissa in base al valore nozionale del contratto. Solo per il 2013 l’imposta per le azioni sale allo 0,12% visto che la tassa entrerà in vigore ad anno già iniziato, marzo. L’imposta prevede poi un’aliquota dello 0,20% (0,22% solo per il 2013) se la transazione azionaria viene fatta al di fuori dei mercati regolamentati. Il comma 500 dello stesso articolo 1 prevede che con decreto del ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di applicazione della predetta imposta, compresi gli eventuali obblighi dichiarativi. Per le società che non rientrano nei requisiti sarà la Consob (commissione per la società e la borsa) a redigere e trasmettere ogni anno entro il 10 dicembre, al ministero la lista delle società sottocapitalizzate. Sarà cura delle società con capitalizzazione inferiore ai 500 mln di euro presentare la certificazione con i requisiti entro il 10 dicembre di ogni anno. Il ministero, in questo caso in un tempo più stretto rispetto alla prima versione del decreto (si veda ItaliaOggi del 30/1/2013), dovrà rendere pubblico sul sito del ministero, l’elenco entro il venti dicembre. Nel provvedimento si precisa inoltre che per il primo anno e quindi per i primi versamenti ai fini della esenzione la lista delle società è quella allegata al decreto.
Nel decreto, trovano conferma le anticipazioni di ItaliaOggi per l’allargamento dell’ambito delle esenzioni. Dall’applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie sono escluse, infatti, i prodotti del risparmio gestito e assicurativo, quindi fondi comuni di investimento e unit linked per intenderci. Il decreto precisa che saranno escluse anche le Sicav. Esclusi sono anche gli strumenti finanziari esteri, se un prodotto è ibrido, cioè in parte italiano e in parte riconducibile ad attività finanziarie estere, verrà tassato solo se la componente tricolore è superiore al 50%.
Le società per il versamento dell’imposta potranno avvalersi di un sostituto d’imposta sia esso individuato in banche, società fiduciarie e imprese di investimento, in notai ma anche della società di gestione accentrata.
Le sanzioni, in caso di ritardato o omesso versamento dell’imposta si applicano esclusivamente nei confronti dei soggetti tenuti all’adempimento che rispondono anche del pagamento dell’imposta.