Devono essere risarciti gli eredi delle vittime della strage di Ustica: confermata la condanna a carico dei ministeri della Difesa e dei Trasporti perché non c’è dubbio che le amministrazioni dello Stato avessero l’obbligo di garantire la sicurezza dei voli. E attenzione: è «abbondantemente e congruamente» motivata la tesi secondo cui fu un missile il 27 giugno 1980 ad abbattere il velivolo Itavia nei cieli siciliani. È quanto emerge dalla sentenza 1871/13, pubblicata il 28 gennaio dalla terza sezione civile della Cassazione.
Obbligo pacifico
Confermata la condanna inflitta alle amministrazioni dalla Corte d’appello di Palermo e prima dal Tribunale del capoluogo dell’Isola: trova ingresso la domanda risarcitoria svolta nei confronti dei due ministeri da alcuni parenti delle persone che hanno trovato la morte nel disastro aereo. È lo stesso incidente, osservano i giudici con l’ermellino, a dimostrare che la norma cautelare è stata violata dalle amministrazioni citate in giudizio.
In questi casi, infatti, non riesce a ottenere l’esonero dalle responsabilità il soggetto tenuto all’osservanza della norma cautelare, che pure ha provato di non essere in concreto a conoscenza del pericolo, come quello che volteggiava nei cieli di Ustica.
Contano nella specie soltanto le regole della responsabilità civile, secondo cui l’omissione di una condotta rileva, come condizione che determina il processo causale dell’evento dannoso, quando si tratta dell’omissione non solo di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica ma anche da una posizione del soggetto che implica l’esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell’evento. E nella specie, spiega la Suprema corte, «è pacifico» l’obbligo dei ministeri che devono assicurare la sicurezza dei collegamenti aerei. Inutile per le amministrazioni eccepire che il disastro di Ustica non possa rientrare fra gli eventi che la norma cautelare mirava a evitare.
Battaglia nei cieli
Gli «ermellini», peraltro, riprendono argomentazioni dalla causa sulla proposta contro lo Stato da Itavia, la compagnia per cui viaggiava il Dc 9 inabissatosi nelle acque del Tirreno. Ma c’è di più. Non trovano ingresso le censure dei ministeri della Difesa e dei Trasporti secondo cui la pronuncia dei giudizi siciliani si sarebbe appiattita proprio sulle conclusioni della sentenza del Goa di Roma nel giudizio risarcitorio promosso dall’Itavia senza dare conto degli elementi che militano in favore della tesi dell’esplosione interna. Se quel giorno vi fu davvero battaglia aerea nei cieli di Ustica (come ormai pare) sarà probabilmente soltanto la storia a dirlo con certezza: certo è che la tesi dell’abbattimento dell’aereo civile causato da un missile partito da un velivolo militare risulta «abbondantemente e congruamente motivata».
Estinzione esclusa
Inutile poi porre questioni di prescrizione. I parenti delle vittime hanno soltanto dedotto che la fattispecie di reato di disastro aviatorio colposo sarebbe «in tesi ravvisabile nel caso in esame». Se dunque il giudice di merito non avesse ritenuto fondata la domanda l’avrebbe respinta, ma non avrebbe potuto dichiararla prescritta. Accolto il motivo di ricorso di uno degli eredi perché era stato condannato alle spese di giudizio. Parola al giudice del rinvio.
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