Minipatrimoniale per tutti i gusti. Nei giorni scorsi i risparmiatori si sono trovati addebitati un’imposta di bollo dello 0,1% per l’anno 2012. Il prelievo, che salirà allo 0,15% dal 2013 in avanti, colpisce pressoché tutte le forme di investimento che presuppongono l’esistenza di prodotti finanziari diversi dai conti correnti e dai libretti di risparmio bancari e postali. Azioni, titoli di stato, obbligazioni, quote di Oicr, derivati e polizze vita sono stati assoggettati dal dl n. 201/2011 a un prelievo proporzionale al loro valore, da calcolare al termine del periodo rendicontato (tipicamente trimestrale, semestrale o annuale). Ma l’aggravio tributario non si limita agli strumenti che rendono necessaria l’apertura di un dossier titoli: la minipatrimoniale abbraccia infatti, tra gli altri, anche i conti di deposito vincolato, i certificati e i buoni fruttiferi postali. Gli intermediari, in particolare banche, Sim e Sgr, hanno agito un po’ in ordine sparso sull’applicazione, in attesa dei chiarimenti ufficiali emanati dall’Agenzia delle entrate solo lo scorso 21 dicembre (circolare n. 48/E del 2012). C’è stato chi ha imputato in corso d’anno il pro rata dell’imposta, chi ha «accantonato» il relativo importo rendendolo indisponibile per il cliente e chi, infine, ha addebitato a fine anno tutto in una volta il bollo per l’intero periodo rendicontato. L’imposta è dovuta nella misura minima annua di 34,2 euro e, limitatamente al 2012, nella misura massima di 1.200 euro. Da quest’anno, però, non ci sarà più alcun limite superiore, se non per i soggetti diversi dalle persone fisiche (in questo caso il tetto è di 4.500 euro annui).
Il presupposto dell’onere fiscale sono le comunicazioni periodiche trasmesse alla clientela. Se queste non sono previste, tuttavia, vige una presunzione legale di invio una volta all’anno, anche nel caso in cui l’ente gestore non sia tenuto a effettuare la spedizione. In via generale, quindi, il bollo scatta «almeno» al 31 dicembre di ogni anno, salvo periodi di rendicontazione più brevi. Determinati prodotti finanziari, quali per esempio certificati o buoni fruttiferi postali (Bfp), scontano invece il bollo solo al momento dell’estinzione del rapporto. Peraltro i Bfp soggiacciono a un trattamento ancor più articolato: l’imposta non è dovuta se il loro valore netto di rimborso non supera complessivamente i 5 mila euro. Soglia, questa, da verificare considerando in maniera unitaria tutti i Bfp detenuti dal risparmiatore, eccezion fatta per quelli emessi in forma cartacea fino al 31 dicembre 2008. Per questi ultimi, infatti, si applica un ulteriore meccanismo impositivo. I Bfp generati prima del 1° gennaio 2009, molto diffusi soprattutto tra i risparmiatori più anziani, pagano il bollo sempre e comunque, anche al di sotto dei 5 mila euro. Non trova applicazione la soglia minima di 34,2 euro, ma al momento del rimborso l’ufficio postale dovrà trattenere un’imposta calcolata in maniera proporzionale «pura», determinata applicando lo 0,15% al valore (il prelievo minimo, in realtà, è di 1,81 euro). Né sfuggono al prelievo gli asset finanziari detenuti all’estero tramite società fiduciarie o intermediari italiani. In tal caso si applica la minipatrimoniale in luogo dell’Ivafe, dovuta invece nell’ipotesi in cui le attività finanziarie siano detenute oltre confine tramite operatori stranieri. Una magra consolazione per i risparmiatori c’è: al conteggio, applicazione e pagamento della minipatrimoniale provvede direttamente l’intermediario. Quindi, per una volta, non ci sono adempimenti dichiarativi né costi diretti per l’assolvimento dell’onere fiscale.
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