La ricongiunzione dei contributi torna gratis, ma si rifà sulla pensione. Infatti, è vero che i lavoratori non pagheranno oneri, ma al prezzo (appunto) d’intascare una pensione ridotta e non prima dei 62 anni e tre mesi di età (requisito per la pensione di vecchiaia).
La vecchia ricongiunzione. La questione riguarda la vecchia ricongiunzione contributiva, una facoltà di altri tempi che dava la possibilità di unificare i contributi versati in diverse gestioni previdenziali (Inpdap, Inps; oppure casse diverse degli stessi istituti di previdenza) per ottenere una pensione. Interessa soltanto quei lavoratori che ancora appartengono al sistema retributivo o misto delle pensioni (lavoratori, cioè, che hanno anni di contributi versati prima del 1° gennaio 1996).
La facoltà è stata sempre gratuita per i lavoratori dipendenti e a pagamento (onerosa) per quelli autonomi; altri lavoratori (quelli a progetto, le co.co.pro., le partite Iva) non ne hanno mai goduto.
Dal 1° luglio 2010 le cose sono cambiate, in quanto c’è stata l’equiparazione delle regole: chi fruisce della ricongiunzione, lavoratore dipendente o autonomo che sia, deve pagarsi il trasferimento di contributi. L’imposizione dell’onere, spiegava il ministero del lavoro (nota n. 5372/2012), risponde a criteri di equità tra diverse categorie di lavoratori.
Il cambio regole si è subito scontrato, ovviamente e legittimamente, contro un muro di contrarietà di chi, di punto in bianco, si ritrovava a dover pagare un conto salatissimo per avere un diritto fino al giorno prima del tutto gratuito.
Lamentele molto amplificate, peraltro, da campagne mediatiche. In pratica, si lamentava il fatto che, con le nuove regole, si sarebbe «perduto» parte della pensione.
Infatti, per non pagare il nuovo ticket della ricongiunzione, i lavoratori (tutti appartenenti al caro e vecchio sistema «retributivo» di calcolo della pensione) avrebbero potuto solamente richiedere la «totalizzazione». La quale, però, è vero che consente come la ricongiunzione di unificare i contributi, ma al prezzo di una condizione: calcolare la pensione con le regole «contributive» (con il calcolo «contributivo» la pensione viene quasi sempre più bassa rispetto al calcolo «retributivo»). A costoro, insomma, le opzioni di pensionamento tornano entrambe punitive: pagare un conto salato per avvalersi della ricongiunzione vecchia specie; o ricorrere alla totalizzazione, ma con una perdita in termini di pensione.
La «totalizzazione retributiva». Deciso a metterci riparo, il governo ha inventato la terza via: la «totalizzazione retributiva». Peraltro con l’interessante novità dell’estensione generalizzata a tutti i lavoratori inclusi quelli della gestione separata (co.co.co. ecc.). In questo modo si cerca di rimettere in ordine le cose per circa 610 mila lavoratori: la ricongiunzione torna gratis, ma nella specie di una «totalizzazione retributiva».
Inoltre, per evitare disparità di trattamento rispetto a quanti dal 1° luglio 2010 avessero già richiesto la ricongiunzione (intanto divenuta onerosa), la legge di stabilità dà loro un anno di tempo (fino al 31 dicembre 2013) per richiedere il recesso e la restituzione di quanto già versato, a patto di non aver già incassato la pensione.
La nuova «totalizzazione retributiva» dà diritto alla pensione di vecchiaia, in base ai requisiti della riforma Fornero (si veda tabella in pagina con i requisiti per l’anno 2013), in più quote di pensioni, tutte calcolate con il sistema «retributivo», da parte dei diversi istituti di previdenza presso i quali sono stati versati i contributi. In questo modo non ci sarà bisogno di spostare i contributi e, quindi, neppure di pagare alcun conto per i lavoratori.
Tuttavia, si badi bene, non si tratta di un ritorno tout court al passato.
Infatti, è vero che la nuova totalizzazione fa conservare il diritto al calcolo «retributivo» della pensione; tuttavia, il calcolo avverrà per quote differenti, da parte dei singoli enti di previdenza coinvolti, «sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento».
Per esempio, se un lavoratore ha pagato i contributi a Inps e Inpdap, totalizzerà i due periodi per raggiungere i requisiti (contributi ed età) per il diritto alla pensione, ma ciascun ente (Inps e Inpdap) calcolerà la propria quota di pensione in base al sistema retributivo «sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento». Il che significa, per esempio, che potrà capitare che una quota di pensione venga calcolata con riferimento a stipendi incassati molti anni fa (quindi d’importo più basso); mentre con la vecchia ricongiunzione «tutta» la pensione era calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni.
Insomma, il calcolo finale della pensione (quota più quota) non verrà pari a quello che sarebbe venuto applicando la vecchia ricongiunzione.
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