di Carlotta Scozzari
Nuova tegola per il Monte dei Paschi di Siena, costretto ad alzare l’asticella sui cosiddetti «Monti bond», il cui ammontare totale sale da 3,4 a 3,9 miliardi di euro per colpa di alcune «operazioni strutturate» risalenti agli anni passati (quando cioè alla presidenza della banca c’era Giuseppe Mussari, ora numero uno dell’Abi). La decisione è stata presa ieri dal cda dell’istituto presieduto da Alessandro Profumo che, come si legge in una nota, ha autorizzato l’emissione di strumenti finanziari governativi per un importo massimo complessivo di 3,9 miliardi, di cui un ammontare pari a 1,9 miliardi sarà utilizzato, «subordinatamente all’autorizzazione di Banca d’Italia», per il riscatto e l’integrale sostituzione dei Tremonti bond emessi nel 2009. «L’emissione degli strumenti finanziari – prosegue la nota – avverrà, subordinatamente al rilascio delle necessarie autorizzazioni, entro il 28 dicembre 2012, con prezzo di emissione alla pari» e valore nominale unitario. Tra i via libera che ancora mancano all’appello, c’è quello della Commissione europea. Proprio ieri, interpellato sulla questione, il commissario Ue per la Concorrenza, Joaquin Almunia, si è detto «a conoscenza della cosa, è un’operazione nota», ma non ha voluto fare alcun commento sulla decisione di ieri del cda. «Sono in contatto – ha detto Almunia – con le autorità italiane, i componenti della mia direzione generale hanno incontrato i rappresentanti» della banca e delle autorità nazionali, ma «la situazione è da studiare». Il nodo è costituito dal prezzo delle azioni con cui Mps sarà chiamata a remunerare il Tesoro: l’Ue sembra più propendere per una emissione a prezzo di mercato mentre il ministero dell’Economia, d’accordo con la banca, sarebbe orientato all’adozione del criterio del patrimonio netto. Ipotizzando una remunerazione al 10% degli strumenti, il Tesoro potrebbe diventare socio di Mps con una partecipazione del 17% (si parlava del 15% con un’emissione di 3,4 miliardi), calcolata sull’attuale capitalizzazione di Borsa della banca (2,3 miliardi). La nota precisa che l’ammontare di 3,9 miliardi rappresenta il valore massimo all’interno dell’intervallo che era stato originariamente stabilito dalla Banca d’Italia. Sta di fatto che, tuttavia, l’emissione cui ieri il cda di Mps ha dato il via libera è di 500 milioni superiore rispetto a quanto precedentemente comunicato. Il motivo, spiega la banca di Rocca Salimbeni, è da imputare ai «possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti dell’analisi in corso di talune operazioni strutturate poste in essere in esercizi precedenti. Vista la redditività negativa di tali operazioni, oggi incluse nel portafoglio di attività finanziarie aventi per sottostante titoli di Stato – aggiunge il comunicato – la banca procederà alla rinegoziazione della struttura di funding delle stesse con l’obiettivo di migliorarne la redditività». E, ancora, quanto alla fase critica che Mps sta attraversando, pressata dall’Authority bancaria europea (Eba) affinché rafforzi il patrimonio, la nota spiega che «la priorità del gruppo rimane quella di ritornare a livelli di redditività adeguati e sostenibili perseguendo, anche attraverso azioni di discontinuità di natura straordinaria, il percorso tracciato nel piano industriale 2012-2015». Inoltre, il cda ha conferito mandato all’ad, Fabrizio Viola, e al presidente Profumo «a provvedere all’invio al ministero dell’Economia e delle Finanze e a Banca d’Italia della richiesta di sottoscrizione degli strumenti finanziari».