DI IGNAZIO MARINO
Dal 1° gennaio 2013 contributi più cari e pensioni più lontane per i professionisti. È questo il prezzo che gli iscritti alle Casse dovranno pagare per poter dormire sonni tranquilli per i prossimi 50 anni. Una richiesta di sostenibilità (legge 214/2011) alla quale gli enti previdenziali, soprattutto quelli di vecchia generazione, hanno risposto in maniera «corretta e responsabile». Questa è la valutazione del ministro del lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero che ha concluso l’attività di verifica di carattere straordinario avviata da parte dei ministeri vigilanti (Lavoro, Mef, Giustizia) sulle delibere con cui gli enti di previdenza di diritto privato hanno adottato misure dirette al conseguimento degli obiettivi di sostenibilità cinquantennale. Come anticipato da ItaliaOggi del 17 novembre 2012, infatti, fa sapere una nota ministeriale che «sono stati valutati positivamente, ai fini della specifica verifica in questione, tutti i bilanci tecnici e gli interventi di riequilibrio presentati entro i termini di legge (sono, invece, in corso di valutazione le iniziative sopraggiunte successivamente)». La norma. Il decreto Salva Italia ha previsto a garanzia della stabilità fi nanziaria delle gestioni degli enti di previdenza di diritto privato e nel rispetto dell’autonomia loro riconosciuta dall’ordinamento, l’obbligo di adottare misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti a un arco temporale di cinquanta anni (art. 24, comma 24, decreto legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge 214 del 2011). Il termine per l’adozione di tali misure, inizialmente fi ssato al 30 giugno, è stato successivamente differito al 30 settembre 2012. «La logica di tale previsione, contenuta nella riforma delle pensioni portata a termine dal ministro Fornero», spiega la nota, «era quella di imprimere anche sul p a n o r a – ma, complesso e peculiare, degli enti privati di previdenza obbligatoria delle libere professioni, la svolta decisiva verso modelli autosostenibili. Una esigenza tanto più indispensabile se la platea assicurata, contraddistinta dall’appartenenza di categoria e quindi per questo numericamente circoscritta, reperisce esclusivamente al proprio interno le risorse (contributive) a copertura delle prestazioni previdenziali ed è esposta alle negative congiunture economiche e alla fl uttuante domanda del mercato. Non si poteva peraltro sottovalutare l’urgenza, oggi davvero indifferibile, di rafforzare la fi ducia degli iscritti nelle rispettive forme di tutela, attraverso la certezza sulla solvibilità diretta delle gestioni». Le riforme. Le misure più frequentemente adottate dagli enti (si veda tabella in pagina) hanno riguardato l’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento, l’elevazione delle aliquote contributive, la rimodulazione delle aliquote di rendimento della pensione, l’adozione del sistema contributivo, ovvero del retributivo sostenibile (ovvero contributivo indiretto) con l’ampliamento della base pensionabile all’intera vita lavorativa, e la rideterminazione delle soglie di perequazione dei trattamenti pensionistici. «Con la convergenza dei regimi pensionistici», aggiunge la comunicazione ministeriale, «verso il comune obiettivo di sostenibilità di lungo periodo, si realizza così un ulteriore passaggio del complessivo disegno di riforma del sistema pensionistico nazionale, delineato con il decreto Salva Italia per la messa in sicurezza della spesa previdenziale del Paese». Soddisfatto del «notevole sforzo» compiuto da tutti i soggetti istituzionali coinvolti nel processo di verifi ca nonché della «volontà collaborativa» dei vertici degli enti coinvolti nella responsabile assunzione delle misure di consolidamento dei conti, «il ministro del lavoro formula l’auspicio che il percorso intrapreso, in una prospettiva di progressiva riduzione e diversifi cazione del rischio demografi co ed economico cui i singoli enti sono soggetti, possa arricchirsi attraverso l’avvio di sinergie e di iniziative di condivisione tra i medesimi enti, a partire dalla realizzazione di strumenti di welfare allargato, nell’ottica di un moderno disegno di sostegno solidale».