di Anna Messia
In pochi giorni sono state raccolte oltre 8 mila adesioni alla petizione che chiede al presidente del Consiglio Mario Monti di cambiare la legge. I promotori finanziari, già iscritti a un loro albo (l’Apf) e vigilati dalla Consob, non ci stanno proprio a mandare giù la norma che li obbliga a iscriversi anche all’Oam, il nuovo organismo per la tenuta dell’albo degli agenti e dei mediatori creditizi, e sono pronti ad alzare i toni della protesta. Perché, secondo il presidente dell’associazione che li rappresenta, l’Anasf, guidata da Maurizio Bufi, i promotori non hanno niente a che vedere con i mediatori o gli agenti in attività finanziaria. «Si tratta di un assurdo giuridico, visto che i promotori sono già una figura professionale controllata e regolamentata che spesso colloca finanziamenti come attività accessoria. Per di più in questo periodo di perdurante crisi le nuove norme hanno l’effetto di aumentare i gravami e complicare l’attività, danneggiando soprattutto i giovani, quando invece ci sarebbe bisogno di agevolare gli operatori». Secondo le nuove norme i giovani che hanno meno di tre anni di mandato sono obbligati a sostenere l’esame per iscriversi all’Oam, mentre per i promotori più esperti non c’è bisogno di fare il test. Ma tutti, indistintamente, dovranno pagare la tassa annuale d’iscrizione al nuovo organismo (che dovrà essere definita dall’Oam stesso) e i promotori, oltre che da Consob, saranno indirettamente vigilati anche dalla Banca d’Italia, che è l’autorità di riferimento del nuovo organismo. «Un sovraccarico di controlli che genera confusione. I promotori, che collocano anche polizze, sono iscritti pure a una sezione del Rui, il registro degli operatori assicurativi tenuto presso l’Isvap», continua Bufi, «per non parlare dei costi, considerando che per l’Apf e per la vigilanza Consob paghiamo già più di 200 euro l’anno». Ma c’è di più. All’Anasf raccontano che diversi giovani promotori per evitare di non poter più collocare prestiti e servizi di pagamento in carenza di iscrizione all’Oam, si erano decisi a iscriversi all’esame per accedere al nuovo organismo, ma si sono visti respingere la domanda perché era stato raggiunto il tetto massimo di candidati. «Così la loro attività è stata congelata», continua Bufi, «con un inevitabile danno economico». Un problema, quello della doppia iscrizione, che è stato già esposto anche a membri del Parlamento che hanno accolto le richieste dell’Anasf presentando un’interrogazione bipartisan al ministero dell’Economia. Come risposta il sottosegretario Vieri Ceriani ha fatto sapere che il governo è aperto all’ipotesi di modifica del decreto legislativo, ma per ora non è successo nulla e il tempo a disposizione non è molto considerando che entro il 31 dicembre i promotori saranno obbligati dalla legge a iscriversi anche all’Oam. «In questi due mesi che restano, se non saremo ascoltati, siamo pronti ad altre iniziative di natura dimostrativa e simbolica per far conoscere le ragioni della nostra posizione», conclude Bufi. «Speriamo che non ce ne sia bisogno. (riproduzione riservata)