di Anna Messia
In parte è certamente colpa dell’Imu, la nuova tassa sulla casa, e di sicuro la stretta delle banche sui mutui non è stata di aiuto. Ma ad aver scalzato l’immobile nel cuore degli italiani sono stati soprattutto i Btp, come è emerso ieri dalla ricerca realizzata da Ipsos in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio organizzata come ogni anno dall’Acri La crescita dei rendimenti dei titoli di Stato italiani (l’altra faccia della medaglia del caro spread) ha spinto sempre più risparmiatori a preferire questa forma d’investimento (posseduti ora dal 9% degli intervistati rispetto al 5% di un anno fa). Mentre il mattone precipitava. Se nel 2006 sette italiani su dieci vedevano nell’immobile l’investimenti ideale, nel 2010 la percentuale era calata al 54%. L’anno scorso era scesa ancora al 43% mentre quest’anno è scivolata addirittura al 32%. Insomma per il mattone i tempi si sono fatti duri considerando che appena un italiano su tre continua a considerare gli immobili il posto migliore dove mettere i risparmi. Mentre hanno raggiunto il massimo storico, piazzandosi al 32%, coloro che reputano proprio questo il momento più indicato per investire negli strumenti ritenuti più sicuri, come il risparmio postale, le obbligazioni e appunto i titoli di Stato, Due italiani su tre, poi, sono convinti che il modo migliore di impiegare i propri risparmi sia quello di mantenerli liquidi. In ogni caso, in questo periodo di crisi, risparmiare è diventato sempre più difficile per molti. Ormai prevale il numero di coloro (il 40% del campione) che consumano tutto quello che guadagnano mentre sale al 31% chi ha bisogno di indebitarsi o, in alternativa, di erodere i risparmi accumulati in passato per arrivare a fine mese. Una percentuale che l’anno scorso era pari al 29%. Il risultato è che, secondo le analisi Ipsos, appena il 25% delle famiglie riesce ancora a mettere qualcosa da parte, contro il 35% del 2011 e d’altra parte continua a scendere, ormai costantemente dal 2005, la percentuale di italiani che, a dispetto delle difficoltà, riesce a migliorare la propria situazione economica. Una quota che oggi non supera il 3% mentre invece, al contempo, è aumentato il numero delle famiglie direttamente colpite dalla crisi, pari oggi a una su quattro (26%) contro il 23% del 2011. «Tuttavia il valore del risparmio continua a essere nel dna dei nostri cittadini», ha sottolineato il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, commentando i dati e ha aggiungendo che gli italiani «non sono un popolo rassegnato». L’86% degli intervistati, in effetti, considera la crisi assai grave e più di tre persone su quattro si attende che durerà almeno per altri tre anni. Ma nonostante ciò a prevalere è l’ottimismo, a dispetto di un anno fa quando invece i pessimisti erano la maggioranza. È vero che quelli che hanno perso ogni speranza sull’Italia sono al 37%, sopravanzando ancora di 5 punti i fiduciosi (fermi al 32%) ma l’anno scorso il vantaggio degli sfiduciati era molto più consistente (30 punti percentuali di distanza) mentre i pessimisti sulla ripresa dell’Italia rappresentavano la maggioranza assoluta del campione (il 54%). Per quanto riguarda invece le prospettive sul futuro dell’economia europea gli ottimisti (pari al 36%) hanno oltrepassato di 11 punti percentuali quelli che continuano a vedere nero (25%) Una situazione ribaltata rispetto ad un anno fa quando invece il numero dei pessimisti (35%) sopravanzava di 3 punti i fiduciosi (32%). Insomma, gli italiani hanno indubbiamente meno risparmi in tasca, ma almeno sembrano convinti che il peggio sia alle spalle e che sia stata imboccata la strada giusta verso al ripresa. Un cammino che però è ancora ostacolato dall’asimmetria nella distribuzione del reddito (secondo il 48% degli intervistati) oltre che dalle tasse sui redditi (36%) e sui consumi (26%) e dall’inefficienza dello Stato e del debito pubblico (24%). (riproduzione riservata)