DI GABRIELE VENTURA
La mediazione non è più obbligatoria. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del dlgs n. 28/2010 «nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione ». È una nota, quella della Consulta diramata ieri al termine della camera di consiglio, che equivale a uno tsunami per il settore giustizia: perché stronca un sistema avviato ormai un anno e mezzo fa (il 21 marzo 2011) sul quale il ministero della giustizia, allora guidato da Angelino Alfano, aveva scommesso tutto per risolvere l’annosa questione del contenzioso che intasa ogni anno le aule dei tribunali. E perché vanno in fumo centinaia di milioni di euro investiti da tutti gli attori coinvolti nel business della mediazione obbligatoria. Basti pensare ai quasi 1.000 organismi di mediazione iscritti al registro del ministero della giustizia, molti dei quali hanno investito anche più mila euro per avviare l’attività, ai 365 enti di formazione accreditati, ai 40 mila nuovi mediatori. Ma analizziamo nel dettaglio la sentenza. La sentenza. Delle numerose questioni sollevate la Consulta ha accolto quella dell’eccesso di delega, sostenuta nel ricorso presentato dall’Oua al Tar Lazio nell’aprile 2011. La legge di riferimento è la n. 69/2009, che all’art. 60 delega il governo in materia di mediazione, prevedendo, al comma 3, lettera a), che «la mediazione, fi nalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia». «La previsione del procedimento di mediazione come condizione procedibilità», spiega uno degli avvocati difensori dell’Oua, Mariagrazia Romeo, «impedisce al cittadino di andare dal giudice e si pone quindi come ostacolo all’accesso diretto alla giustizia».