di Carlotta Scozzari
L’ormai ex direttore generale di Fondiaria-Sai, Piergiorgio Peluso, ha ottenuto una buonuscita di 3,6 milioni e non è andata male nemmeno al suo vice Gianandrea Perco, che ha strappato a una compagnia fino a ieri sull’orlo del crac 1,7 milioni, tutti da pagare a novembre. Lo ha anticipato ieri La Repubblica online (e lo ha poi confermato l’Ansa), aggiungendo che il via libera ai pagamenti sarebbe già avvenuto nell’ultimo cda della compagnia assicurativa che fino a poco tempo fa faceva capo alla famiglia Ligresti. Il passaggio sarebbe stato dovuto per via dei contratti cosiddetti «a paracadute» dei due manager, che prevedevano il pagamento di tre annualità nel caso in cui si fossero verificati alcuni eventi come il cambio dell’azionista di controllo o il varo di una riorganizzazione del gruppo. Eventi che, manco a dirlo, si sono concretizzati quest’anno, quando è diventato evidente che per salvare il gruppo Fonsai sarebbe stata necessaria una nuova maxi-ricapitalizzazione, dopo che ce ne era stata una da 450 milioni appena nell’estate del 2011. Proprio in corrispondenza di quell’operazione, tramite la quale Unicredit oltre che creditrice è diventata socia diretta di Fonsai al 7%, Peluso, manager che fino allora aveva lavorato proprio in Piazza Cordusio, era entrato nella compagnia con sede legale a Torino come «direttore generale con ampie deleghe», strappando il maxi-contratto che porta la firma dell’allora presidente della compagnia, Jonella Ligresti. Come spiega una nota di allora, a Peluso, «che riporterà direttamente all’amministratore delegato e dg, Emanuele Erbetta, è stata affidata la responsabilità delle seguenti direzioni: amministrazione e bilancio, controllo di gestione e pianificazione strategica, finanza di gruppo, immobiliare, M&A e partecipazioni, risorse umane, organizzazione e procurement». Deleghe decisamente ampie che avevano fatto pensare a molti che l’approdo in Fonsai di Peluso, tra l’altro figlio del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, fosse da leggere più che altro come un commissariamento della compagnia da parte di Unicredit (anche se gli spazi nella banca milanese, nel momento dell’uscita, per Peluso erano apparsi piuttosto compressi). Col senno di poi, si può affermare che il commissariamento non sia riuscito nell’intento di mettere in sicurezza i conti della società, poiché già alla fine del 2011, quando cioè Peluso era in Fonsai da soli pochi mesi, si è rivelato necessario un nuovo aumento di capitale. Quello dell’entità «monstre» di 1,1 miliardi che poi si è concluso l’estate scorsa con l’ingresso di Unipol a monte nel capitale della controllante Premafin. In ogni caso, la buonuscita di 3,6 milioni di Peluso ieri ha fatti clamore negli ambienti finanziari, non foss’altro che per l’aria di crisi che tira e che ha riguardato soprattutto Fonsai, al punto da spingerla tra le braccia della concorrente Unipol. Quel che è certo è che l’affare Fonsai non riguarda più Peluso: il manager, prima ancora di mettere le mani sul lauto bottino, è già stato nominato direttore finanziario di Telecom Italia. È invece rimasto in Fonsai l’ad Erbetta, che manterrà l’incarico «in prorogatio» fino al 30 ottobre, quando i soci rinnoveranno il board (non figura nelle liste ma potrebbe restare nel gruppo come dg).