Pagina a cura DI DANIELE CIRIOLI
La banca la spunta su tutti. Se fallisce l’impresa e il lavoratore non ha soldi per restituire il prestito, può bussare all’Inps e pretendere la liquidazione da parte del fondo di garanzia del Tfr. Per esempio, nel caso in cui un lavoratore abbia contratto prestiti con cessione del quinto dando in garanzia il Tfr, la banca ha diritto a chiedere l’intervento dell’Inps (tramite fondo garanzia) per vedere soddisfatta la garanzia sul prestito (il Tfr) in caso d’insolvenza del lavoratore e del datore di lavoro. La cessione del Tfr. I prestiti personali con cessione del quinto della retribuzione, generalmente, vengono garantiti dalla cessione del Tfr. Tale cessione è effi cace dal momento in cui è notifi cata al datore di lavoro (che è il debitore ceduto) o da quando egli ne sia venuto comunque a conoscenza. Si tratta, in particolare, dei contratti di cessione in cui il lavoratore garantisce la bontà del credito ceduto (articolo 1267 del codice civile, la cosiddetta cessione pro solvendo). Pertanto, ove si verifi chi l’insolvenza del datore di lavoro, il lavoratore resta obbligato nei confronti del cessionario. La novità accennata all’inizio (illustrata dall’Inps nella circolare n. 89/2012 cambiando orientamento in materia a seguito di nuovi principi della corte di cassazione) riguarda gli «aventi diritto» a richiedere l’intervento del fondo garanzia dell’Inps per il trattamento di fi ne rapporto (Tfr). La normativa (articolo 2 della legge n. 297/1982) stabilisce che tale intervento può essere richiesto dal lavoratore o dai suoi «aventi diritto». La corte di cassazione ha chiarito che per «aventi diritto» devono intendersi non soltanto gli eredi del lavoratore (coniuge, fi gli e, se vivevano a carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado e gli affi ni entro il secondo), ma, più in generale, gli aventi causa del lavoratore. Novero più ampio. La novità, dunque, consiste nell’ampliamento del novero di soggetti titolati a richiedere l’intervento del fondo di garanzia Inps, con inclusione di società fi nanziarie e altri cessionari a titolo oneroso del Tfr. Novità che discende dall’esperienza pratica della cessione del Tfr a garanzia di prestiti. Si tratta, in particolare, come si diceva in precedenza, di contratti di cessione in cui il lavoratore garantisce la bontà del credito ceduto (è la cosiddetta «cessione pro solvendo» in base all’articolo 1267 del codice civile); pertanto, se si verifi ca l’insolvenza del datore di lavoro, il lavoratore resta obbligato nei confronti del cessionario (la garanzia cessa laddove la mancata realizzazione del credito sia dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le azioni di recupero del credito presso il debitore ceduto che, in tal caso, è rappresentato dal datore di lavoro insolvente). Di conseguenza, ha precisato l’Inps, a modifi ca di quanto indicato nelle precedenti istruzioni (circolare n. 74/2008), possono trovare accoglimento le domande avanzate da società fi nanziarie cessionarie del Tfr o da altri soggetti che, avendo acquistato da queste ultime il predetto credito per Tfr con rivalsa nei confronti del lavoratore, siano subentrate alle originarie società fi nanziarie. Due procedure. Per quanto riguarda le istruzioni operative, l’Inps conferma la doppia procedura attualmente seguita a seconda che si tratti di Tfr dovuto da 1) datore di lavoro soggetto alle procedure concorsuali o 2) datore di lavoro non soggetto alle procedure concorsuali. In ogni caso, per ottenere l’intervento del fondo garanzia Inps, il cessionario del credito per Tfr dovrà presentare: una dichiarazione congiunta (con il lavoratore) circa la consistenza del debito residuo (modello SR131), una copia del contratto di cessione; atto di quietanza del cessionario del credito per Tfr. © Riproduzione riservata