di Cinzia Meoni
SALOTTI BUONI Il peso del salotto buono fa soffrire il bilancio di Mediobanca. Il sistema di holding di partecipazioni più o meno strategiche affiancato dalla prima merchant bank italiana (a cui si è unito nel corso degli ultimi anni anche il ramo retail) va rivisto. Anche se il top management, dopo aver affossato l’ipotesi di scissione su cui gli esperti avevano iniziato a ragionare nell’ultimo periodo, ha rinviato ogni riflessione a data da destinarsi. E comunque in seguito al piano industriale che Generali, prima partecipazione di Piazzetta Cuccia (e a sua volta azionista del patto di sindacato con il 2% del capitale del gruppo), dovrebbe svelare entro l’autunno. Per i broker comunque vale la pena azzardare la scommessa. All’indomani della pubblicazione dei dati di bilancio relativi all’ultimo esercizio (chiuso al 30 di giugno), sono numerose le raccomandazioni di acquisto: Banca Imi (add a 4,72 euro), Banca Akros (accumulate a 5,41 euro), Kepler (buy a 5,4 euro), Equita (buy a 4,9 euro), Icbpi (buy a 4,5 euro), AlphaValue (buy a 7,1 euro). Solo Numura e Ubs sono neutrali rispettivamente con un target a 5 euro e di 4,1 euro. Il ragionamento è semplice e non certo nuovo: nonostante l’anno orribile appena archiviato, il gruppo guidato da Alberto Nagel vale le sue partecipazioni (le sole tre strategiche a libro sono iscritte a 2,7 miliardi). Ma con la guerra in corso su Rcs, il ritorno alla leadership inseguito da Generali e i possibili nuovi scenari per, ad esempio, Pirelli e Gemina, vale la pena giocarsi la carta di Piazzetta Cuccia. Che tutto sommato, all’interno del gruppo, comprende anche attività strettamente bancarie che, ai fini della valorizzazione di Borsa, finiscono tradizionalmente in un cono d’ombra. Certo da qualche tempo la Regina di Palazzo Mezzanotte è finita sotto scacco e lo smalto intaccato su Impregilo e FonSai, solo per citare gli ultimi eclatanti casi. Ma comunque, ancora una volta, Thomoson Financial ha riconfermato la leadership sul mercato italiano del gruppo come primaria banca di investimento sia per numero di accordi effettuati sia per volumi. Senza considerare poi che a dicembre 2013 scade il patto di sindacato (il termine per le disdette è fissato a fine settembre), una data che potrebbe innescare nuovo fermento sul titolo.
Mediobanca ha chiuso l’esercizio in nero, ma l’utile è crollato a picco (-78%) a 81 milioni di euro. Le svalutazioni su partecipazioni e titoli hanno pesato per 573 milioni. Il deprezzamento delle quote strategiche ammonta a 191 milioni, suddivisi tra i 78 milioni sulla quota in Rcs (23 dei quali nel quarto trimestre) e 113 milioni sulla quota Telco. Le svalutazioni su titoli disponibili alla vendita hanno invece totalizzato 382 milioni, 132 dei quali relativi ai cashes Unicredit. L’utile lordo delle attività bancarie è invece salito del 6% a 563 milioni. L’esercizio ha poi registrato un rafforzamento degli indici patrimoniali, con il Core Tier 1 in crescita all’11,5% dall’11,2% di fine 2010-11 e una riduzione della rischiosità degli attivi, con la diminuzione di 2 miliardi dell’esposizione azionaria, un aumento dei titoli governativi a 9,2 miliardi da 5,4 miliardi, in prevalenza italiani e con una durata ridotta e «un significativo miglioramento» del profilo di rischio di alcune esposizioni corporate, tra cui quella verso Fondiaria-Sai. Il cda ha infine proposto dividendo di 0,05 euro per azione, contro 0,17 cent dello scorso anno.
Quanto al prossimo futuro i principali fattori che andranno verificati per delineare il piano di azione sono tre: le regole di Basilea 3 sui parametri patrimoniali, gli sviluppi della zona euro e il piano strategico delle Generali. Solo dopo che saranno presi in conto questi tre fattori, la banca potrà procedere alla stesura di un proprio piano industriale. Anche se Nagel ha già fornito un primo importante imperativo: alleggerire il portafoglio di partecipazioni che dà troppa volatilità ai risultati. «La nostra esposizione azionaria è troppo alta», ha sottolineato il manager ricordando poi come Mediobanca abbia già, nell’ultimo esercizio, ridotto di 2 miliardi di euro l’esposizione azionaria a 1,9 miliardi.
Fronte compatto infine da parte del cda al management. Non sono state sollevate questioni sulla vicenda Fonsai, in quanto secondo quanto ribadito dai consiglieri è stata ritenuta esaurita la questione con la riunione del cda del 5 settembre. Il prossimo appuntamento è ora fissato con l’assemblea degli azionisti il 27 ottobre.