di Carlo Giuro
Dall’analisi degli aderenti per età contenuta nella Relazione annuale della Covip emerge che soltanto il 18% dei lavoratori con meno di 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare. Il tasso di partecipazione sale al 26,8% per i lavoratori di età compresa tra 35 e 44 anni e al 35% per quelli tra 45 e 64 anni. A confronto con quanto si spende in Italia ogni anno per i giochi e le scommesse, gli investimenti nella previdenza integrativa sono molto bassi (tabella in pagina). Nel complesso, l’età media degli aderenti è di 44 anni, rispetto ai 41 degli occupati. La partecipazione dei giovani alle forme pensionistiche complementari risulta quindi ancora molto limitata; il dato, comprensibile in considerazione della elevata disoccupazione e precarietà, risulta comunque allarmante alla luce della considerazione per cui la platea giovanile rientra nel metodo di calcolo contributivo. I vuoti contributivi dovuti alla precarietà, il forte rallentamento della economia con Pil bassissimo, le retribuzioni mediamente più basse rispetto alle generazioni precedenti rischiano di produrre nel tempo livelli di copertura del sistema obbligatorio particolarmente ridotti. Sarebbe quindi necessario ancor più per i giovani accedere a strumenti di integrazione pensionistica. Nell’ambito del tanto dichiarato patto generazionale un possibile ristoro che le generazioni precedenti potrebbero prestare a quelle successive, per chi può economicamente, è quello di attivare un piano di previdenza integrativa sin da giovani sfruttando la possibilità fiscale prevista per l’adesione dei familiari fiscalmente a carico. Secondo la Relazione Covip sono 20 i fondi pensione negoziali che prevedono tale opportunità statutariamente, mentre per i fondi pensione aperti e i pip l’accesso è già libero. Ma chi sono i familiari a carico e quali sono più nel dettaglio gli impatti previdenziali? Secondo la nomenclatura del Testo Unito delle Imposte sui Redditi sono considerati tali, se non dispongono di un reddito proprio superiore a 2840,51 euro al lordo degli oneri deducibili, il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; i figli, compresi quelli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati; altri familiari, a condizione che siano conviventi o che ricevano dallo stesso un assegno alimentare non risultante da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Dal punto di vista dell’utilità va osservato allora come la possibile apertura di una posizione di previdenza complementare sembra essere particolarmente utile nei confronti del coniuge che non lavori e dei figli che sempre più a lungo rimangono in famiglia sia causa il ritardato ingresso nel mondo del lavoro che per la difficoltà economica di diventare autonomi. Non va sottovalutata poi la valenza educativa del gesto, tracciando un solco entro il quale il giovane potrà poi proseguire da grande. Le soluzioni utilizzabili possono essere rappresentate dai fondi pensione aperti e dai pip con adesioni su base individuale. È possibile poi, come anticipato, anche la adesione a un fondo pensione di natura negoziale se tale facoltà sia espressamente prevista dallo statuto del fondo pensione. Cosa succede se il familiare a carico è un minore? Materialmente la iscrizione deve essere formalizzata dal rappresentante legale (i genitori) in nome e per conto del minore. L’opinione prevalente è che si tratti di un atto di ordinaria amministrazione (oggettivamente utile alla conservazione del valore del patrimonio, valore economico non particolarmente elevato, margine di rischio modesto) per cui non è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare. La normativa tributaria prevede specifici benefici per incentivare l’adesione dei familiari fiscalmente a carico. In termini generali la deduzione (che determina un risparmio in termini di minori imposte pagate pari all’aliquota fiscale più elevata applicata al reddito complessivo del lavoratore) è infatti ammessa a prescindere da chi effettua il versamento o dalla tipologia di reddito da egli prodotta e sia che si tratti di contributi volontari che di contributi dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali. Ai fini del computo del limite di 5.164,57 € si deve poi tener conto di tutti i versamenti che affluiscono alle forme pensionistiche collettive e individuali nonché dei contributi versati a favore fiscalmente a carico; l’agevolazione fiscale compete allora anche quando si versano contributi a previdenza complementare a beneficio di tali soggetti. In caso di adesione a forme di previdenza complementare la deducibilità dei contributi versati spetta al soggetto nei confronti del quale dette persone sono a carico per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando il limite annuo complessivo dei 5.164,57 euro. Se il contribuente a favore del quale sono stati versati i contributi è a carico di più persone, il beneficio fiscale spetta a colui il quale è intestato il documento comprovante la spesa. Se, invece, il documento è intestato al familiare a carico, è possibile specificare con una annotazione sul documento stesso la percentuale di spesa imputabile a ciascuno degli aventi diritto. Va poi rammentato come la parte dei contributi versati (anche per le persone a carico) al fondo di previdenza complementare per i quali il contribuente non ha potuto fruire della deduzione, non sono tassati al momento della liquidazione della prestazione. Il contribuente ha però l’obbligo di comunicare alla forma pensionistica complementare l’importo non dedotto (o che non sarà dedotto) nella dichiarazione dei redditi. Detta comunicazione va fatta entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se il diritto alla prestazione matura prima di tale data, entro il giorno di maturazione. Laddove si tratti di familiari a carico tale comunicazione deve essere resa al fondo con riferimento al titolare della posizione previdenziale, precisando che l’ammontare complessivo delle somme non dedotte dall’iscritto non è stato dedotto neanche dal soggetto di cui questi è a carico. Utile da rammentare, in vista dell’adesione da parte di ragazzi che poi evolvano allo status di lavoratori, è poi il beneficio fiscale aggiuntivo previsto per i travet di prima occupazione per cui, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione, dedurre dal reddito contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi versati nei primi cinque anni di partecipazione e per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui. (riproduzione riservata)