DI FRANCESCO CERISANO

Tra conferme e dietrofront più o meno espliciti la spending review si avvia a diventare definitivamente legge. E con essa la cura dimagrante per la spesa statale che prevede, tra l’altro, la riduzione del 10% dei dipendenti e del 20% dei dirigenti pubblici, la riorganizzazione delle province, gli ennesimi sacrifi ci chiesti agli enti locali costretti a ridurre i consumi intermedi per compensare 7,5 miliardi di tagli, l’obbligatorietà delle convenzioni Consip e la stretta sugli affi tti della p.a. Con un giorno di ritardo rispetto alla tabella di marcia (per via del ripensamento del governo sull’obbligo per i medici di prescrivere farmaci generici che ha costretto a un supplemento di lavori la commissione bilancio di palazzo Madama) l’aula del senato ha dato il via libera alla questione di fi ducia posta dall’esecutivo sul maxiemendamento al dl 95/2012 in cui è confl uito anche il decreto legge sulle dismissioni del patrimonio pubblico (dl 87). Il senato si è espresso con 217 voti favorevoli, 40 contrari e 4 astenuti. Il testo passa ora alla camera che, secondo quanto previsto dalla conferenza dei capigruppo, inizierà a esaminarlo da domani mentre le prime votazioni inizieranno a partire da lunedì 6 agosto. Montecitorio non apporterà ulteriori modifi che. Nel passaggio in senato il decreto ha imbarcato molte novità. Dal possibile aumento anticipato dell’addizionale Irpef nelle regioni con i conti della sanità in rosso, all’incremento delle tasse per gli universitari fuoricorso (si veda pezzo a pag. 23), dal tetto per gli stipendi dei manager delle società non quotate partecipate dallo stato all’accorpamento delle agenzie fi scali. Ma sarà solo dal prossimo autunno che si inizieranno a vedere i primi frutti concreti della spending review. Entro il 31 ottobre infatti si conoscerà l’ammontare dei tagli al pubblico impiego, mentre entro il 30 settembre i comuni dovranno trovare un accordo sui risparmi da conseguire. In caso contrario ci penserà il governo entro il 15 ottobre.