di Roberta Castellarin
Le reti di promotori italiane hanno già trovato il loro scudo antispread. Anzi, la debolezza dei loro primi competitor, ossia le banche, fa sì che il loro business navighi a gonfie vele, nonostante la recessione economica e il negativo andamento dei mercati finanziari. Da inizio anno a fine maggio promotori e private banker, in base ai dati Assoreti, hanno registrato una raccolta netta totale positiva per 4,9 miliardi, di cui 2,8 sono stati investiti in prodotti di risparmio gestito e circa 2 miliardi in amministrato. Un trend che prosegue tuttora, come dimostrano i dati di giugno già comunicati da Azimut, Banca Generali e Banca Mediolanum. Il gruppo presieduto da Ennio Doris ha registrato nel semestre una raccolta di 1,7 miliardi, contro i 928 dello stesso periodo del 2011. Banca Generali ha avuto un flusso positivo totale di oltre 1 miliardo. Per il gruppo guidato da Piermario Motta è stato il migliore risultato dal 2007 e quindi da prima che avesse inizio la crisi dei subprime nel 2008 e quella dei debiti sovrani del 2011, ancora in corso. Brinda anche Pietro Giuliani, presidente e ceo di Azimut, che ha registrato una raccolta netta di 865 milioni (+603% rispetto al primo semestre 2011). Dal punto di vista della produttività dei singoli promotori, da gennaio a maggio i banker di Banca Generali hanno registrato una raccolta netta totale pro capite di 619 mila euro. Mentre nella raccolta di risparmio gestito in testa ci sono gli uomini di Azimut con flussi netti per ogni promotore di 450 mila euro. Il tema della sicurezza è quello che domina in questo periodo e su questo fronte le reti hanno diversi punti di vantaggio rispetto alle banche. «In questo momento la debolezza dei nostri competitor, ossia le banche tradizionali, pesa più della debolezza dei mercati e questo ci permette di far crescere la nostra quota di mercato anche in un contesto economico negativo », dichiara Enzo Ruini, sales manager Italy Banca Generali. «Nei periodi difficili cresce il bisogno di consulenza del cliente e diventa anche più importante la qualità dell’offerta dei servizi». Sicuramente, rispetto alle banche, le reti hanno dimostrato in questo anno di crisi una maggiore capacità di rispondere con rapidità alle emozioni dei risparmiatori. Hanno proposto prima dei grandi gruppi bancari conti di deposito ad alta remunerazione, ma allo stesso tempo sono stati anche i primi a offrire fondi dedicati ai titoli di Stato tricolore. Oggi rispondono ai crescenti timori riguardo il futuro dell’euro con fondi che consentono una diversificazione su altre valute. «Continuiamo a crescere grazie alla nostra capacità di rispondere in modo tempestivo ai cambiamenti del contesto», dice Giuliani. «In particolare, in uno scenario europeo ancora incerto, rispondiamo alla necessità di operare una diversificazione anche in campo valutario attraverso AZ Global Currencies e Rates, un prodotto obbligazionario globale che, grazie alla presenza in portafoglio di oltre 20 valute, consente una diversificazione efficace». Non solo. Anche l’introduzione di fatto di una patrimoniale, attraverso l’imposta di bollo applicata al deposito titoli (che ha un tetto massimo nel 2012, ma non lo avrà più nel 2013), ha giocato a favore delle reti. Da una parte ha costretto i clienti a riflettere anche sul contenuto del deposito, dall’altra ha dato una marcia in più ai consulenti capaci di offrire un’ottimizzazione fiscale. Un trend che non riguarda solo l’Italia. Dall’ultimo studio globale di Jp Morgan sui family office emerge che i Paperoni sono più attenti alla fiscalità che alla volatilità. In un mondo di Stati indebitati sempre più a caccia di risorse è un dato che non stupisce. (riproduzione riservata)