Illustri consiglieri, ho preso atto della prossima convocazione del nostro consiglio di amministrazione avvenuta a opera del presidente in presenza di una pretesa e non meglio specificata urgenza e con l’indicazione di un ordine del giorno che rimanda a norme del codice civile in maniera del tutto generica e indeterminata. Alla luce di un incontro al quale sono stato convocato mercoledì scorso (30 maggio) dal presidente e amministratore delegato di Mediobanca posso immaginare, almeno parzialmente, che la discussione del prossimo consiglio riguarderà una mozione di sfiducia espressa dal suddetto socio nei miei confronti quale ceo di Generali. Voglio pertanto provvedere a fornire a tutti voi una informativa sul tema di discussione in questione, affinché – almeno in parte – si possa colmare il vizio procedurale caratterizzato da una convocazione irrituale del consiglio e voi possiate pertanto – sia pure parzialmente – essere messi nella condizione di discutere e deliberare in modo consapevole e informato. Esprimo anzitutto la mia incredulità perché – in un momento così impegnativo e delicato sia per le Assicurazioni Generali che per il Paese del cui sistema finanziario Generali è una parte importante – il nostro socio di maggioranza relativa ritenga appropriato o consigliabile mettere ancora una volta i propri interessi sopra quelli della compagnia, dei suoi assicurati, dei suoi impiegati e della stragrande maggioranza dei suoi azionisti. Nonostante negli anni io abbia mio malgrado preso atto che Mediobanca ritiene di avere diritti speciali sul destino di questo gruppo, sono ancora incredulo di fronte a quanto mi è stato comunicato dal socio Mediobanca lo scorso mercoledì, ovvero che gli amministratori su cui detto socio ritiene di esercitare una speciale influenza non avrebbero più fiducia nella mia leadership. ?? lontana da me l’idea di mettere la salvaguardia della mia personale posizione sopra gli interessi di Assicurazioni Generali. Chiunque può darmi atto che negli ormai decenni di servizio in questa compagnia non ho mai confuso cosa fosse buono per me o per il gruppo. Giovanni Perissinotto Group CEO 

Del Vecchio risponde a muso duro: il ceo è inadeguato

Ho letto con grande stupore ed amarezza la lettera di Giovanni Perissinotto ai consiglieri di Generali che è stata resa pubblica dagli organi di stampa.Da essa traspare chiaramente che già da tempo l’attuale chief executive officer non è adeguato a gestire le Generali. Questo era già dimostrato più chiaramente dalla modestia dei risultati gestionali, dalla più che negativa percezione del mercato del suo operato e, più in generale, dalla totale mancanza di visione strategica. Invece di ammettere tutto ciò e dare le dimissioni, a chi peraltro lo ha nominato chief executive officer dieci anni fa, getta discredito sui consiglieri e sugli azionisti. Considera i consiglieri sottoposti a un’influenza speciale da parte di Mediobanca, affermazione tanto grave quanto infondata. Avendo io fatto parte di quel consiglio e avendo correnti rapporti con molti di loro posso testimoniare che la decisione di cambiare ceo è maturata in ciascuno con piena convinzione e indipendenza. Sono stato io insieme a Lorenzo Pelliccioli a rappresentare a Mediobanca l’urgenza del cambiamento e Alberto Nagel ne ha convenuto. Quindi non si tratta di una mozione di sfiducia di Mediobanca ma di una parte molto rilevante del consiglio e dell’azionariato motivata esclusivamente da fatti aziendali inerenti alla compagnia. La vicenda FonSai-Unipol non c’entra nulla con la sfiducia a Giovanni Perissinotto ed è tirata da lui in causa solo per coprire la mancanza di risultati accettabili. Trovo infine assai grave ed intimidatoria l’affermazione secondo la quale la scelta del nuovo ceo non potrà fare a meno di essere inquinata dal fatto che la sua nomina è dettata da logiche che prescindono da valutazioni di «business». Se il consiglio nominerà Mario Greco come futuro amministratore delegato, sarà esclusivamente per dare un decisivo «cambio di passo» alla gestione della compagnia e il mercato ha già dimostrato di essere d’accordo. Leonardo Del Vecchio