Sul caso Unipol-Fonsai, il numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni sta perdendo la pazienza: le banche faranno la loro parte, ma è ora che anche la famiglia Ligresti tenga fede a quanto promesso.
Questo in sintesi il discorso fatto ieri dall’amministratore delegato commentando i piani di ristrutturazione del debito di Premafin per i quali l’istituto di Piazza Cordusio ha il ruolo di agente. «Alcune banche hanno una pazienza limitata, è tempo di deliberare quanto promesso da parte della famiglia Ligresti», ha detto Ghizzoni. I piani di ristrutturazione, ha continuato, «sono subordinati al fatto che l’operazione nel suo complesso vada a buon fine. Noi stiamo aspettando l’assemblea di Premafin del 12 giugno; sarà un passaggio importante». Le banche, ha spiegato ancora l’ad, «terranno fede a quanto concordato se dall’altra parte si farà la stessa cosa. Da parte delle banche c’è la disponibilità, ma deve essere inquadrata nella soluzione complessiva per Fondiaria. Non abbiamo cambiato parere, ma stiamo aspettando che i passi necessari vengano fatti». Rispondendo poi a una domanda sulla possibilità che l’operazione possa saltare, Ghizzoni ha risposto che questo rischio non esiste: «Sto dicendo soltanto che il 12 giugno sarà un giorno importante». Ci sono in gioco «banche, azionisti di maggioranza e di minoranza e anche clienti che devono essere tutelati, anche se spesso di essi ci si dimentica». Ma la sostanza è che sono state identificate le decisioni da prendere. «Ora è tempo di prenderle, non c’è spazio per ulteriori ritardi».
Il numero uno di Piazza Cordusio ha anche commentato la cessione del 6% dell’Lse (chiusa per 197 milioni con una plusvalenza di 120 milioni), operazione «fatta al momento buono, con prezzi buoni e con un’ottima plusvalenza», tanto più che «la partecipazione non dava più quel tipo di influenza sulla governance sufficiente per essere considerata strategica». Il fatto che le banche italiane, come tanti isitituti internazionali, si concentrino sul core business «non può essere una sorpresa». Commentando lo scenario macroeconomico mondiale, inoltre, Ghizzoni ha spiegato di giudicare «improbabile» che la Grecia decida di lasciare l’euro. «Non vedo un’alternativa seria se non mantenere la Grecia nell’euro e in Europa, e tutti lo sanno». In ogni caso l’ad non vede il rischio che gli italiani vadano in massa in banca a ritirare i risparmi.
Quanto alla sostituzione di Fabrizio Palenzona nel board di Mediobanca, «oggi (ieri per chi legge, ndr) non se n’è parlato, perché il processo interno prevede un passaggio nel comitato nomine e poi uno in cda», ha precisato Ghizzoni. Palenzona si è dimesso da Mediobanca per i divieti dell’articolo 26 del decreto salva-Italia sui doppi incarichi. «Abbiamo tempo fino a giugno», ha continuato Ghizzoni, «e rispetteremo i tempi di Mediobanca, che richiede una risposta entro la fine del mese prossimo, quando ci sarà il consiglio. Siamo allineati, non c’è nessun problema, arriveremo alla scelta».
Intanto ieri il cda di Unicredit ha verificato la sussistenza dei requisiti di indipendenza dei consiglieri, indagine dalla quale è emerso che Khadem Abdualla Al Qubaisi, Manfred Bischoff, Henryka Bochniarz, Alessandro Caltagirone, Luca Cordero di Montezemolo, Friedrich Kadrnoska, Marianna Li Calzi, Luigi Maramotti, Antonio Maria Marocco, Lorenzo Sassoli de Bianchi, Anthony Wyand e Lucrezia Reichlin sono amministratori indipendenti. Sono invece risultati non indipendenti (ai sensi del codice di autodisciplina) Vincenzo Calandra Buonaura, Candido Fois, Federico Ghizzoni, Francesco Giacomin, Helga Jung, Fabrizio Palenzona e Giuseppe Vita. (riproduzione riservata)