Stessi reati contestati. Stesse persone indagate e sotto processo. Ma ben due autorità giudiziarie a valutarne i comportamenti e gli eventuali reati. Un’anomalia, quella del processo Unipol-Bnl, già segnalata da MF-Milano Finanza il 18 maggio scorso e che ora è diventata oggetto di un’interrogazione parlamentare firmata da sette deputati di Udc, Responsabili e Gruppo Misto, con la richiesta al ministro della Giustizia, Paola Severino, di un’ispezione «per verificare quali siano le ragioni che hanno determinato quella che secondo gli interroganti costituisce una grave anomalia nel funzionamento degli uffici».
Un passo significativo, alla vigilia del pronunciamento della sentenza di appello. «Nel processo per il tentativo di scalata alla Banca Nazionale del Lavoro del 2005, tra i cui imputati figura anche l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio», si legge nel testo il cui primo firmatario è Giancarlo Lehner (Popolo e Territorio), «una medesima vicenda è stata ed è tutt’ora oggetto di valutazione da parte di due diverse autorità giudiziarie». Sin dalla fase delle indagini preliminari, prosegue l’interrogazione, tra la procura di Roma e quella di Milano c’è stata per lo stesso reato e per gli stessi indagati, una ripartizione territoriale.
L’aggiotaggio è stato perseguito da Roma fino al 21 maggio del 2005, mentre Milano ha indagato per l’aggiotaggio tra il 22 maggio e il 18 luglio, periodo nel quale, secondo Roma, non sarebbero invece stati consumati reati. «Nel nostro ordinamento», si legge nell’interrogazione, «la giurisdizione penale è ripartita in base a criteri di competenza funzionale, di competenza per materia e di competenza territoriale, mentre nessuna norma prevede la competenza basata su criteri di carattere cronologico». Insomma, secondo Lehner e gli altri firmatari, c’è un’evidente anomalia anche considerando che l’articolo 25 della Costituzione afferma che «nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge». Di qui la richiesta d’intervento al ministro Severino.
La presentazione dell’interrogazione è stata curiosamente contestata dal presidente della Bnl, Luigi Abete. «Gli interventi su alcuni giornali e ora anche attraverso interrogazioni parlamentari sul processo Unipol-Bnl», ha detto, «non mi paiono ispirati alla volontà di fare chiarezza e quindi giustizia, ma di arrivare alla prescrizione». Tuttavia, per la prima volta, il presidente della Bnl ha voluto fare un distinguo tra i soggetti coinvolti nell’inchiesta, salvando Francesco Gaetano Caltagirone. «La vicenda», ha detto Abete, «riguarda persone di diversa estrazione, che avevano su Bnl progetti del tutto differenziati. Da un lato», ha aggiunto, «c’è un imprenditore importante come Caltagirone che perseguiva una strategia di sviluppo di Bnl stand alone, a mio avviso non più coerente con l’evoluzione del contesto economico e finanziario, ma che aveva comunque una sua dignità e rilevanza imprenditoriale. Dall’altro», ha detto ancora il presidente della Bnl, «ci sono quelli che si sono autodefiniti i furbetti del quartierino e le cui vicende hanno animato le cronache di questi ultimi anni. E c’è», è la conclusione di Abete, «soprattutto una specie di centro di regia ad opera in primis di Consorte, sul cui operato ho valutazioni ben chiare, che mi riservo di esprimere a processi conclusi». Va ricordato che ai tempi della tentata scalata, presidente di Bnl era proprio Abete: se il take over ostile fosse riuscito, egli avrebbe dovuto farsi da parte. (riproduzione riservata)