Il riaffacciarsi delle turbolenze ha caratterizzato le ultime settimane sui listini finanziari, confermando che i nodi alla base della crisi del debito sovrano restano irrisolti. Anche se l’azione della Banca centrale europea per immettere liquidità nel sistema contribuisce a rasserenare il clima. Sono alcune delle riflessioni che si ritrovano nell’ultimo Global Strategic Outlook di Allianz Global Investors. Per il global cio della società, Andreas Utermann, «il catalizzatore più importante della maggiore propensione al rischio è stata l’operazione Ltro della Banca centrale europea». Con l’accelerazione della crescita negli Stati Uniti, grazie all’aumento dell’occupazione e ai consumi, mentre in Giappone, Europa e Cina la crescita toccava il fondo, «le attività rischiose hanno recuperato posizioni». L’asset allocation del gestore riflette questo andamento: «Privilegiamo le azioni rispetto a obbligazioni e liquidità, e le obbligazioni di mercati emergenti e le obbligazioni societarie rispetto a Bund tedeschi e titoli del Tesoro americani», spiega Utermann. «Se la politica monetaria negli Stati Uniti, nell’area euro, nel Regno Unito e ora anche in Giappone continuerà con questo approccio molto espansivo, le attività rischiose probabilmente proseguiranno la recente ripresa».
Se la prospettiva di medio periodo vede prevalere l’ottimismo, l’esperto non esclude nuovi ripiegamenti, legati soprattutto al riemergere dei timori sulla crescita o alla presenza di nuovi ostacoli sul fronte politico. E cita un esempio: il prezzo del petrolio al di sopra dei 125/130 dollari al barile potrebbe mettere a repentaglio la fragile ripresa della crescita globale.
«Per le nostre posizioni nei paesi dell’area euro, abbiamo adottato un approccio meno difensivo per cercare di sfruttare il restringimento degli spread tra paesi periferici e Germania. Per esempio, siamo tornati a una posizione neutrale in Italia dopo la precedente posizione sottopesata. Restano alcune questioni importanti da affrontare, come le dimensioni del futuro European stability mechanism/European financial stability facility e l’importo delle risorse che il Fondo monetario internazionale può mettere a disposizione a sostegno dell’Europa».
Stefan Hofrichter, chief economist della stessa società, usa una definizione forte – «repressione finanziaria» – per indicare lo scenario che si va profilando, con riferimento in primo luogo ai tassi, tenuti artificialmente bassi i tassi di interesse, con ricadute dirette sui rendimenti dei titoli sovrani. Altri segnali di questo fenomeno vengono individuati nell’inflazione oltre il 2% negli Stati Uniti e in Europa («con tassi reali che sono di fatto negativi») e nell’acquisto di titoli di stato da parte di tutte le principali banche centrali («che ha di fatto distorto i prezzi delle obbligazioni»).