di Andrea Montanari
Portare al fallimento la cassaforte Sinergia e la società di costruzioni Im.Co per alzare il velo su tutte le operazioni compiute nell’arco degli ultimi decenni dalla famiglia Ligresti e procedere nell’inchiesta ipotizzando il reato di bancarotta. Sono questi gli obiettivi della procura di Milano che lunedì 16 aprile ha chiesto il fallimento delle due scatole finanziarie che stanno a monte di Premafin. Per il pm Luigi Orsi, titolare delle indagini sul gruppo assicurativo (il patron Salvatore Ligresti è già indagato per ostacolo all’attività di vigilanza della Consob), le società avrebbero cumulato un deficit patrimoniale superiore a 100 milioni. I debiti del sistema Sinergia-Im.Co (detengono complessivamente il 20% di Premafin) ammontano, secondo le stime dei magistrati, a 400 milioni (335 nei confronti con le banche e oltre 60 nei confronti dei fornitori), mentre gli attivi si limiterebbero a 290 milioni, a fronte di una consistenza del patrimonio immobiliare (periziata da Protos) di quasi 400 milioni. Vista l’urgenza con la quale i magistrati vogliono arrivare a blindare l’inchiesta a Milano, già oggi potrebbe essere fissata la data dell’udienza davanti ai giudici del tribunale fallimentare che dovranno valutare l’istanza depositata da Orsi secondo il quale, tra l’altro, la sola Sinergia necessita di capitali freschi per almeno 50 milioni per proseguire l’attività fino al 2014. La prassi giudiziaria prevede un lasso di tempo di trenta giorni per la fissazione del dibattimento ma non è da escludere che i tempi si possano sensibilmente accorciare. Anche perché nel frattempo va avanti il progetto di integrazione tra le compagnie assicurative che fanno riferimento a Premafin, ossia Fondiaria-Sai e Milano Assicurazioni, e il gruppo Unipol. Operazione che ieri ha ottenuto l’apprezzamento della borsa (FonSai è rimbalzata del 38,9%, Milano del 17,2% e Unipol del 23,7%) e sulla quale non graverà l’eventuale dichiarazione di fallimento di Sinergia e Im.Co. Bloccare il salvataggio avviato dalla compagnia bolognese non è l’intento di Orsi. Il pm, secondo quanto riferito ieri da milanofinanza.it, oltre a valutare un’ampia serie di reati (dalle false comunicazioni sociali all’aggiotaggio arrivando appunto alla bancarotta) vuole fare luce sull’azionariato della quotata Premafin (che ieri ha perso il 5,85%) e chiarire una volta per tutte chi sono i veri beneficiari dei pacchetti azionari, in totale il 20% della holding, oggi in mano ai trustee off-shore The Heritage (detiene il 12,15%) ed Ever Green Security (ha il 7,845%) sui quali da mesi sta indagando la Consob. La procura, inoltre, è intenzionata a riportare in Italia la proprietà e la gestione di queste rilevanti quote di Premafin e, se possibile, mettere in qualche modo gli asset a disposizione dei creditori di FonSai e Milano Assicurazioni. La richiesta di fallimento avanzata da Orsi sarebbe giunta in seguito al mancato accordo le due società e le banche (Unicredit, Banco Popolare, Bpm e Ge Capital) sul piano di risanamento che passava da un accordo ex articolo 67 bis. A far saltare l’intesa è stata Ge Capital. Così ora il presidente delle due scatole finanziarie, Claudio Calabi, gli advisor Lazard e Banca Leonardo e gli avvocati Lombardi e Bonelli Erede Pappalardo avrebbero allo studio l’opzione alternativa rappresentata dall’accordo di ristrutturazione del debito ex 182 bis, sul modello di quanto portato a termine dallo stesso Calabi per Risanamento (in questo caso le banche non entrerebbero però nel capitale). Ieri sera su questo tema c’è stato un vertice per definire il piano quinquennale che prevede la costituzione di un fondo immobiliare nel quale apportare proprietà per almeno 250 milioni di valore, con l’obiettivo di abbattere parte dell’indebitamento e mantenere in pancia asset per 150 milioni da alienare con altre modalità. Questa mattina il progetto sarà illustrato nelle sue linee generali agli istituti di credito. Ma a minare l’operatività è spuntata una grana fiscale, che Ernst&Young ha stimato in 15-25 milioni. Sempre ieri sono proseguiti i contatti tra Unipol, FonSai e Milano Assicurazioni in vista dei cda di domani e venerdì in cui le due compagnie dei Ligresti dovranno decidere (dopo il sì di lunedì dato da Premafin) se accettare la condizione posta da Bologna, che chiede una quota di almeno il 66,7% del maxi-polo assicurativo che nascerà dalla fusione. Il nodo resta quello relativo alle ampie divergenze sui concambi e dunque sui pesi riservati agli azionisti nell’aggregato postfusione. (riproduzione riservata)