di Anna Messia
È impasse sui doppi incarichi nei cda di società concorrenti, mentre la stagione delle assemblee è ormai alle porte. Sabato, solo per parlare del settore assicurativo, si riuniranno i soci di Cattolica e la prossima settimana sarà la volta di Generali. A radunarsi nei prossimi giorni saranno ovviamente i soci di tutti i grandi gruppi finanziari che dovranno approvare i bilanci 2011 e in qualche caso rinnovare i consigli di amministrazione. Con un’incognita che però a oggi resta ancora senza una soluzione: come comportarsi con i consiglieri che hanno incarichi anche in banche, assicurazioni e più in generale società finanziarie concorrenti? Ad affrontare la questione, come noto, è stato il decreto salva-Italia che all’articolo 36 contiene una norma volta a sciogliere gli incroci di poltrone: «Abbiamo introdotto una regola che disturba molto il sistema bancario perché vieta l’incrocio di poltrone nei consigli di banche e compagnie. Un fenomeno che riduceva molto la concorrenza», aveva annunciato trionfalmente il presidente del consiglio, Mario Monti lo scorso gennaio. Peccato che l’articolo 36 lasci spazio a interpretazioni divergenti, al punto che per sciogliere tutti i nodi e dare al mercato certezze sulla portata delle nuove regole è stato subito avviato un tavolo tecnico tra le autorità (Consob, Isvap, Antitrust e Banca d’Italia), coordinato dal ministero del Tesoro. Un tavolo che si è riunito in più occasioni e che a fine marzo ha prodotto un documento di sintesi, esplicativo della norma, che è stato inviato agli uffici della presidenza del Consiglio per il bollino finale (si veda MFMilanoFinanza del 6 aprile). Ma proprio qui l’iter per dare il via libera alle tanto attese linee guida ha ricevuto un nuovo stop imprevisto e il suo sbocco non sembra affatto imminente, nonostante il 26 aprile (scadenza indicata dalla legge per dare tempo ai consiglieri di allinearsi alle nuove regole), sia ormai dietro l’angolo e la penale prevista sia la decadenza da entrambi gli incarichi. Il problema, secondo quanto ricostruito da MF-MilanoFinanza, starebbe nella diversa interpretazione che il governo ha intenzione di dare alla norma rispetto alla lettura che è arrivata dal tavolo tecnico. A seguire il dossier è in particolare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, che quando era alla guida dell’Antitrust aveva più volte sollevato il nodo degli incroci dei consiglieri nelle principali società finanziarie italiane. La questione riguarda in particolare le soglie rilevanti, che i rappresentati delle autorità di controllo hanno ipotizzato nel loro documento. In pratica, è stata l’interpretazione soprattutto della Banca d’Italia, il divieto dei doppi incarichi dovrebbe valere solo per le società che hanno un fatturato di un certo livello. Sotto quella soglia l’articolo 36 potrebbe anche non valere, hanno convenuto le autorità di controllo, perché non ci sarebbero di fatto ostacoli alla concorrenza. Di quali numeri stiamo parlando? Qui sta il punto, visto che non tutte le authority sono d’accordo con la proposta di Bankitalia. Secondo la quale la soglia minima sarebbe la stessa che fa scattare la notifica all’Antitrust quando si realizzano operazioni di concentrazione, 50 milioni di premi per il settore assicurativo, mentre per le banche l’indicatore preso a riferimento è l’attivo patrimoniale. In pratica tutti gli istituti che hanno un attivo patrimoniale inferiore a 500 milioni sarebbero esonerati. Una soglia che però al governo considerano troppo elevata, soprattutto per quanto riguarda le banche. Mentre, infatti, il sistema assicurativo è piuttosto concentrato la frammentazione che caratterizza ancora il sistema bancario rischia di tenere fuori dalla norma tante banche locali. Per questo motivo Catricalà avrebbe chiesto al direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, di rimettere mano al dossier per cancellare le soglie, che non erano state indicate nell’articolo 36. Ma a questo punto la questione si è fatta ancora più intricata con le autorità che non avrebbero intenzione di riscrivere le linee guida e sarebbero piuttosto intenzionate a chiedere al governo di prendersi fino in fondo la responsabilità del perfezionamento della norma. A questo punto a emanare le linee guida dovrebbe essere il ministero dell’Economia. (riproduzione riservata)