MARIANO MANGIA 

La missione è tirare fuori rendimenti da mercati finanziari che alternano violenti ribassi a veloci rimbalzi e convincere clienti che continuano ad entrare ed uscire dai fondi come attraverso le porte girevoli di un albergo. Decisamente un compito non facile per le società di gestione di fondi. Sfornare prodotti, tuttavia, non deriva solo dall’esigenza di rispondere alle mutate condizioni dei mercati, ma è vitale per rilanciare la raccolta. «Guardando agli ultimi dieci anni», si legge nell’European Fund Market Review di Lipper, «senza il lancio di nuovi prodotti l’industria si sarebbe contratta del 7%». Invece è cresciuta del 74%, con quasi metà delle masse gestite costituita da fondi lanciati nel decennio. 
Si propongono nuovi fondi anche per cavalcare una moda o per non deludere le aspettative dei collocatori, con quelli che Ed Moisson di Lipper definisce i “me too fund” i “fondi anch’io” che vanno a ingrossare “la pletora di fondi che già ingrossa il mercato”. Il numero di prodotti cresce, a dispetto della crisi e della concorrenza degli Etf, anche in Italia: a fine 2011 i fondi censiti da Assogestioni erano 3.769, quasi 300 in più rispetto a due anni prima. Se pure non sono mancati, abbastanza sorprendentemente, fondi tradizionali come gli azionari e il bilanciato della Sgr della Popolare di Vicenza, la principale novità del 2011 è rappresentata dai fondi obbligazionari a scadenza con cedola predefinita, evoluzione di altri prodotti a finestra di sottoscrizione, i fondi a formula. «La loro missione spiega Claudio Tosato, direttore prodotti di Anima Sgr, è superare la diffidenza, l’avversione al rischio del risparmiatore e l’incertezza sul futuro andamento dei mercati finanziari, dichiarando in anticipo come si comporterà il prodotto». Sono fondi che presentano indubbi aspetti positivi, perché, come sottolinea Dario Portioli, fund analyst di Morningstar, replicano la struttura di un’obbligazione che ha una sua scadenza definita, ma allo stesso tempo diversificano il rischio, investendo su una pluralità di emittenti di paesi diversi. «Offrono caratteristiche desiderabili per i sottoscrittori, poi, come per tutti i fondi, l’aspetto delicato è capire la qualità della gestione, i costi, le strategie seguite». Questi prodotti risolvono anche alcuni aspetti psicologici. “Con un prodotto a scadenza cerchiamo di portare il cliente a migliorare il suo comportamento emotivo. Stringere un patto a quattro o cinque anni con il sottoscrittore permette una minore volatilità in entrata o uscita nel periodo intermedio”, afferma Anna Viviani, responsabile pianificazione commerciale e prodotti di Eurizon Capital Sgr. «La certezza della cedola e sapere che alla scadenza il fondo ritorna a incassare il nominale dei titoli nei quali è investito, distoglie l’attenzione dal mark to market e lascia il cliente più tranquillo», sottolinea Cinzia Tagliabue, direttore generale di Pioneer Investments Italia. La maggiore tranquillità che deriva dal poter disporre di un flusso cedolare ha spinto la Sgr del gruppo Unicredit ad introdurre classi a distribuzione dei proventi anche su buona parte dei fondi tradizionali. Eurizon, dal canto suo, sta pensando alla possibilità di incorporare in questa tipologia di prodotti motori di gestione più performanti, ad esempio, la strategia basata su azioni dai dividendi elevati ma sostenibili nel tempo, associandoli sempre a una scadenza predefinita. In Azimut si è alla ricerca di nuovi tasselli per l’asset allocation dei clienti. «Devo dire che la turbolenza dei mercati nel 2011, non solo non ci ha impedito di continuare nell’innovazione di prodotto, ma è stata foriera di maggiori idee, di nuove soluzioni», racconta Paola Mungo, direttore generale di Azimut. La logica adoperata: pensare anche ad asset class alternative a quelle tradizionali e decorrelate dai mercati finanziari. Sono stati così lanciati Renminbi Opportunities, che consente un’esposizione sulla valuta cinese, e Cat Bond, che investe in insurance linked securities, obbligazioni emesse da compagnie di assicurazione e di riassicurazione per coprirsi da specifici rischi di catastrofi, come terremoti e uragani. Non riescono a far breccia in Italia, invece, i fondi di allocation che pure sono stati gli unici in Europa a registrare una raccolta positiva nel 2011. «Probabilmente siamo ancora un passo indietro rispetto all’investitore europeo, il risparmiatore italiano cerca cose semplici, che capisce e sui cui ha confidenza», commenta Tosato di Anima che pure propone i fondi flessibili della gamma Strategie e che ritiene che questi prodotti «si vendano man mano che portano il risultato che promettono». Pioneer ha lanciato Unicredit Soluzione Fondi, una famiglia di fondi di fondi con un esposizione al rischio crescente e un asset allocation dinamica. «Quello che vediamo in Italia è che la maggiore raccolta va sui profili più prudenti, solo ora registriamo uno spostamento verso quelli più aggressivi, ma sono ancora i primi segnali», osserva Tagliabue. Eurizon Capital risulta ancor più sbilanciata dei concorrenti sui fondi di liquidità: Nei clienti c’è una scarsa attitudine all’investimento finalizzato», spiega Viviani. «Mancando ancora meccanismi di pianificazione finanziaria evoluti, è più difficile riuscire a vendere prodotti a profilo di rischio o con una componente flessibile». Il rimedio? Formazione mirata per la rete e una nuova gamma di prodotti in cantiere, maggiormente modellata sulle caratteristiche dei clienti.