DI GIUSEPPE DI VITTORIO

Fisco benevolo nei confronti dei titoli emessi dagli enti locali (Boc, Bop e Bor), più cattivo verso Poste e Ferrovie: nel primo caso si paga la ritenuta del 12,50% sugli interessi maturati, nel secondo invece il 20%. Assicurazioni e fondi previdenziali scontano l’aliquota in base alla tipologia di investimento, quindi più bassa sulla parte investita in titoli pubblici. Mini-aliquota al 5% per gli interessi sui bond destinati a finanziare interventi nel Mezzogiorno. Scade il 31 marzo il termine per comunicare all’intermediario che si vuol fare l’affrancamento al 12,50% sugli interessi e plusvalenze maturati nel 2011. Sono alcune delle novità contenute nella circolare 11/E dell’Agenzia dell’Entrate di ieri che chiarisce i punti oscuri del dl 138/2011 che modifica la tassazione delle rendite finanziarie. Il provvedimento ha unificato al 20% le ritenute e le imposte sostitutive da applicare sui redditi di natura finanziaria interessi e plusvalenze (cioè i guadagni realizzati quando si compra e si vende a un prezzo più alto un titolo). La normativa prevedeva però delle deroghe. I titoli di stato e quelli di altri enti pubblici scontano un’imposta di favore del 12,50%. La circolare dell’Agenzia precisa che rientrano nella tariffa di favore i titoli emessi anche dagli Enti pubblici territoriali (comune, provincia, regione): per intenderci Boc, Bop, Bor. La circolare si spinge ancora più là mostrandosi ancora una volta accomodante nei confronti delle articolazioni delle stato. I redditi derivanti dai titoli eventualmente emessi dalle unioni di comuni e dalle future città metropolitane sconteranno sempre il 12,50%. Poste Pay. Le cose si fanno più complicate invece per le Poste. L’aliquota agevolata del 12,50% opera solo per i Buoni fruttiferi postali. Le Poste infatti si sono trasformate in una società per azioni con un attività di raccolta del risparmio molto simile a quella bancaria. Gli uffici postali dovranno applicare un’aliquota del 20% su tutto ciò che non è buono fruttifero. Aliquota ridotta chiaramente anche per i titoli di stato emessi da altri paesi sempre riconosciuti dal fisco in un’apposita «white list». I paradisi fiscali, per esempio, non rientrano nella lista dei favoriti. Il monopolista che piace. La circolare chiarisce anche altri casi ambigui, redditi derivanti dalle obbligazioni emesse dalle Ferrovie dello Stato. Il principio giuridico che vale in questo caso non è tanto la veste giuridica dell’emittente una Spa (non un ente pubblico) e quindi come tale trova applicazione il 20%. L’Agenzia invece fa valere le ultime parole dell’articolo 31 del dl 138, dove si fa riferimento al regime agevolato solo per gli enti pubblici che offrono servizi pubblici in condizioni di monopolio. Le Ferrovie non operano più in regime di monopolio e cosi anche Enel e Eni per cui l’aliquota che colpisce i redditi derivanti dai loro titoli è del 20%. Il principio sarà destinato però a valere anche su altri casi residuali. Per la verità le Ferrovie erano un’importante emittente di titoli in passato ora molto più contenuto, mentre protagonisti del mercato dell’emissioni sono sicuramente le compagnie energetiche Eni ed Enel. Quando rileva il lato pubblico. Ma anche per le polizze assicurative e le rendite periodiche derivanti dalle forme di investimento previdenziale le cose si complicano. Ciò che rileva è come l’impresa assicuratrice o il fondo previdenziale investono. Si calcolerà un rapporto fra patrimonio investito in titoli che scontano il 12,50% e quello che paga il 20% e a quel punto il reddito derivante sconterà il peso fiscale con le stesse percentuali, in parte assoggettato al 12,50% e in parte al 20%. Il meccanismo è sicuramente complicato anche se il calcolo non sarà in carico al percettore del reddito ma assolto dall’intermediario distribuisce. Questione meridionale. Regime speciali infine per i titoli a sostegno dell’economia meridionale emessi dalle banche. I redditi sconteranno l’aliquota più bassa in assoluto il 5%, ma attenzione: ciò vale solo per gli interessi non per le plusvalenze. Tempi stretti per il maturato 2011. Sempre a proposito di plusvalenze, al fine di evitare che l’aumento dell’aliquota incida su quanto maturato antecedentemente all’1 gennaio 2012, è stata prevista la possibilità di affrancare il costo o il valore di acquisto dei titoli, delle quote e delle altre attività finanziarie possedute alla data del 31 dicembre 2011 al di fuori dell’esercizio di un’impresa commerciale, mediante il versamento dell’imposta sostitutiva del 12,5%. Per poter usufruire di questa possibilità, il contribuente deve esercitare un’opzione che deve essere resa entro il 31 marzo 2012 per i contribuenti in regime del risparmio amministrato, mentre l’opzione va esercitata in dichiarazione per i contribuenti che determinano il capital gain nella dichiarazione dei redditi. Nel primo caso, le imposte vanno versate dall’intermediario entro il 16 maggio 2012; mentre nel caso l’opzione sia esercitata in dichiarazione il pagamento va effettuato dagli stessi contribuenti entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi. Un’assenza che pesa. Fra le tante precisazioni, l’Agenzia trova lo spazio anche per evidenziare una mancanza. Il legislatore ha infatti assoggettato al 12,50% i piani di risparmio di lungo termine. Peccato, spiega l’Agenzia, che nel panorama finanziario italiano non esistano prodotti di questo tipo. Appare strano che non siano stati considerati in questa categoria i Pac (Piani di accumulo dei fondi di investimento). Sempre in tema di mancanze però, nella lista degli enti sopranazionali i cui titoli pagano il 12,50% l’amministrazione ha dimenticato i titoli del fondo salva stati Efsf, l’ultima moda in tema di impiego del risparmio sopranazionale. Ci sono invece le più popolari Bei e Bers.