Tre diversi piani industriali per un unico, ambizioso, progetto: rimettere in sesto Fondiaria-Sai. I due principali contendenti della società assicurativa che fa capo (ancora per poco) alla famiglia Ligresti – da una parte Unipol, dall’altra il tandem Palladio-Sator – sono usciti allo scoperto con gli obiettivi finanziari che si prefiggono. Senza contare che ai due progetti concorrenti si è aggiunto anche il business plan di Fonsai «stand-alone», come a voler ribadire che la compagnia può cavarsi di impaccio anche da sola. Una mossa, quella di mettere a punto un piano stand-alone, che potrebbe essere intimamente connessa con le tensioni in corso tra Fonsai e Unipol per il calcolo dei concambi di fusione, e che sembra non sia stata presa bene in ambienti bolognesi.
Il progetto della compagnia di Via Stalingrado, presentato venerdì 16 marzo dall’ad Carlo Cimbri e basato sull’ipotesi di fusione a quattro con Premafin, la controllata al 36% Fonsai e Milano Assicurazioni, prevede sinergie industriali per 335 milioni. Obiettivo della «Grande Unipol» al 2015 è un utile netto di 970 milioni (è di oltre 1 miliardo la perdita di Fonsai a fine 2011), un combined ratio del 93% (112,1%) e un margine di solvibilità al 150% (78%).
«Le indicazioni preliminari del piano Unipol – afferma Intermonte in una nota del 19 marzo – sono più aggressive delle nostre attese, e forse eccessivamente ottimistiche sul fronte di redditività tecnica e sinergie». Proprio il 19 marzo, giorno in cui l’assemblea dei soci ha votato l’aumento di capitale da 1,1 miliardi di euro indispensabile per riportare il margine di solvibilità al livello di sicurezza del 120%, Fonsai ha alzato il velo sui numeri al 2014 stand-alone: combined ratio al 96,2%, utile netto a 400 milioni e margine di solvibilità superiore al 150 per cento.
Simili, ma spostati al 2015, i target del piano messo a punto da Palladio e Sator, che prevede la fusione di Milano Assicurazioni – ma non quella di Premafin – in Fonsai, e punta a profitti netti superiori a 420 milioni, con un combined ratio al 97% e un margine di solvibilità oltre il 160 per cento.
«Tutti e tre i piani – osserva un analista specializzato in assicurazioni che preferisce mantenere l’anonimato – sono costruiti su ipotesi aggressive. In particolare, tutti i combined ratio appaiono troppo bassi e pertanto difficilmente sostenibili». In una nota del 21 marzo gli analisti di Equita Sim, partendo dai dettagli del progetto della holding vicentina guidata da Roberto Meneguzzo e del private equity di Matteo Arpe, così sintetizzano il confronto con il piano Unipol: «Il notevole svantaggio rispetto allo proposta bolognese è quello di non portare a sinergie di carattere industriale, ma allo stesso sarebbe un’operazione più semplice che eviterebbe di far confluire il debito di Premafin in Fonsai».
Il fatto che la nuova compagnia nascente dalle fusioni multiple sarebbe gravata del fardello del debito da quasi 400 milioni di euro di Premafin è uno dei principali nodi ravvisati dagli osservatori nel progetto di Via Stalingrado. Un aspetto poco convincente anche per le Authority – Isvap e Consob in primis – chiamate a dare il benestare all’operazione di Unipol. Viceversa, il punto forte del piano bolognese è l’industrialità e le sinergie che ne scaturirebbero.
Tra le obiezioni al progetto presentato da Palladio e Sator si segnalano invece le possibili difficoltà, anche per le minusvalenze che potrebbero derivarne a bilancio, nelle cessioni previste sia nel settore immobiliare, sia di attività come Ddor e Liguria-Sasa. Due società che Fonsai ha già tentato di vendere sul mercato negli ultimi due anni, senza successo. A differenza di Unipol, inoltre, il piano delle due finanziarie contempla la conversione delle azioni risparmio, sia di Fonsai sia di Milano Assicurazioni, in ordinarie. Dal 21 marzo alla chiusura di venerdì 23, il mercato sembra tuttavia aver dato poco credito alla conversione: le Fonsai rnc hanno ceduto l’8,80% a 0,64 euro, le ordinarie sono scese del 2,60% a 1,27 euro.