Di Sergio Luciano
Come tutte le battaglie borsistiche, quella che si sta svolgendo sul futuro di Fondiaria-Sai divide gli animi e seleziona il pubblico in opposte tifoserie. Ma, al netto di antipatie e simpatie, non c’è dubbio che il «mandato morale» di questo caso è uno solo: com’è possibile che un colosso assicurativo con 8 milioni di clienti si riduca sull’orlo del fallimento nonostante la selva di norme che dovrebbe scongiurare una simile evenienza? Nel settore assicurativo da molto tempo – almeno dal 2009 – FonSai era indicata come la «grande ammalata». Era il «benchmark» negativo cui tutti guardavano per dire: «Vabbe’, noi stiamo meglio». E la circostanza non poteva sfuggire, come di fatti non sfuggiva, all’Autorità di vigilanza sul settore, l’Isvap. Che ha poteri molto forti di indirizzo, controllo e prevenzione sulla gestione delle compagnie. Con una modalità tipicamente italiana, però, la polemica sta divampando sulle asseribili omissioni dell’attuale vertice Isvap nell’esercizio di questa sua potenziale funzione preventiva. Pochi giorni fa il senatore dell’Idv Elio Lannutti (storico paladino dei diritti dei risparmiatori attraverso la sua creatura Adusbef) ha inviato un’interpellanza al ministro Passera per chiedere se risponda al vero l’ipotesi di una proroga di due anni al mandato dell’attuale presidente dell’Autorità Giancarlo Giannini, che scadrebbe tra due mesi, e che, secondo l’interpellante, alcuni parlamentari starebbero preparando. Ora, a prescindere da quest’ipotesi un po’ fantascientifi ca, andrebbe forse valutato se sia saggio conservare nelle Authority, o almeno in alcune di esse, l’attuale forte verticismo, che sconfi na nella monocrazia. Se in un tribunale, dove a volte si decide su fatti gravi ma spesso anche su «fatterelli», giudicano in tre, perché in un’Authority dove si prendono delibere che «pesano» miliardi di euro e incrociano la vita di decine di migliaia di persone, il «numero uno» dev’essere così autoriferito? Autonomi sì, monocratici no: perché il doversi confrontare, dover condividere le scelte, è sicuramente una condizione scomoda per i gli interessati, le due tipologie possibili di «cattivi regolatori». Divertente, a tal riguardo, uno stralcio dell’interpellanza Lannutti: «L’Isvap non sembra aver correttamente vigilato sui bilanci delle compagnie che creavano perdite enormi, anche per fi nanziare gli hobby dei rampolli dell’ingegner Ligresti come il famoso cavallo Toulon preso in leasing da Unicredit per assecondare le voglie di cavalcata di una delle fi glie, creando un buco di bilancio di ben 1,1 miliardi di euro nell’ultimo anno». Ecco: un cavallo può eludere una sentinella, ma forse non tre.