Generali fa cassa con le dismissiomi e archivia, per il momento, l’ipotesi di un aumento di capitale. Ieri il gruppo triestino ha ufficializzato l’uscita da Israele con la vendita della controllata Migdal per 830 milioni e già studia la prossima mossa, che secondo il parere degli analisti passerebbe per la vendita degli asset Usa. Le attività assicurative statunitensi avrebbero un valore di 200-300 milioni di euro. Ciò significa che sarebbe minimo l’impatto sul margine solvency 1 del gruppo del Leone, che a fine settembre (ultimo dato disponibile, perché i numeri del 2012 saranno diffusi il 21 marzo) si attestava al 118%, appena sotto il livello di guardia che l’Isvap colloca al 120 per cento. A sentire gli analisti, il margine in questione, complice una crisi senza precedenti che ha fatto salire alle stelle lo spread Btp-Bund (Generali ha in portafoglio titoli di Stato per oltre 50 miliardi), a fine dicembre si sarebbe ulteriormente allontanato dal 120% (c’è qualcuno che lo colloca appena sopra il 110 per cento). Se si aggiunge che, in base alle ultime stime, il valore dell’opzione put sul 49% di Ppf in mano a Petr Kellner con scadenza nel 2014 da esercitare nei confronti delle Generali ammonterebbe a 3 miliardi con un impatto negativo sul Solvency 1 di 17 punti (12 nel caso in cui ammontasse a 2,5 miliardi), si capisce perché, di recente, sono circolate con insistenza voci di un aumento di capitale. Voci che, tuttavia, avrebbe perso consistenza negli ultimi tempi, grazie a migliori condizioni di mercato e al ridimensionamento dello spread sui bond italiani. Resta il fatto che il gruppo del Leone di Trieste è impegnato a 360 gradi nell’innalzamento del margine. Secondo alcuni esperti di mercato, potrebbe fruttare sei punti percentuali in più la cessione della controllata al 100% Bsi, il cui valore dovrebbe aggirarsi sui 2-2,5 miliardi. «Ipotizzando una plusvalenza nell’ordine del miliardo dall’operazione – spiega un analista specializzato in assicurazioni – il beneficio per il margine potrebbe arrivare fino a sei punti». Tuttavia, considerando che all’interno di Bsi c’è Banca del Gottardo, che Generali aveva rilevato nel 2007, quando ancora non tirava vento di crisi e le valutazioni erano particolarmente generose, qualcuno ritiene poco probabile che il Leone possa monetizzare l’investimento in questo momento, perché per molti aspetti potrebbe significare svendere. È anche per questo che c’è chi considera più probabile una quotazione (Ipo) di una minima parte di Bsi, che però avrebbe lo svantaggio di non impattare in maniera significativa sul Solvency 1. Va letta, almeno in parte, anche nel senso di ridurre il margine di solvibilità l’operazione chiusa e annunciata ieri, che migliora l’indicatore di 2,4 punti percentuali. Nel dettaglio, Generali ha firmato con il gruppo finanziario israeliano Eliahu, un accordo che prevede la cessione dell’intera partecipazione del 69,1% in Migdal Insurance and Financial Holdings, per 835 milioni. La cifra è da corrispondere interamente in contanti e rappresenta un premio implicito di circa il 12,6% rispetto al prezzo di mercato del 6 marzo sulla Borsa di Tel Aviv (dove Migdal è quotata). L’operazione, chiusa in tempi rapidi, dovrebbe fruttare al Leone una plusvalenza che, su base consolidata, dovrebbe valere sui 103 milioni. La cessione permetterà di aumentare la liquidità del capitale disponibile, uscendo da un mercato che appare ormai maturo per il business assicurativo. A questo punto, la compagnia guidata da Giovanni Perissinotto potrebbe focalizzarsi su altre aree geografiche ad alto potenziale di crescita e bassa penetrazione assicurativa, come Est Europa, Asia e Brasile.