di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Quella dei fondi comuni è una delle poche industrie in cui l’Europa è realmente unita. Dai dati Lipper emerge che i fondi crossborder (ovvero quelli che ottengono almeno un quinto della raccolta totale in uno o più Paesi diversi da quello di origine) negli ultimi dieci anni hanno quasi triplicato il patrimonio in termini reali arrivando a 2.250 miliardi a fine 2011, raddoppiando la quota di mercato al 43%. Nello stesso periodo invece i fondi domestici (cioè quelli distribuiti soltanto nel Paese di origine) hanno visto i propri asset crescere soltanto del 2,5% a 2.980 mila miliardi. La contrazione maggiore si è vista in Spagna e in Italia, dove la crisi finanziaria degli ultimi anni ha accentuato il fenomeno. Le banche in questo periodo hanno cavalcato la scarsa propensione al rischio dei risparmiatori italiani, soprattutto quelli di taglia più piccola, per farli uscire dai fondi e spingerli a sottoscrivere depositi e bond della casa. Tale movimento non ha interessato i clienti più sofisticati, che hanno continuato a investire nei fondi comuni puntando proprio su quelli crossborder offerti dai gruppi esteri, che non a caso in Italia stanno conquistando sempre più spazio grazie anche alla distribuzione affidata alle reti dei promotori finanziari. «Nel nostro caso non c’è stato travaso dai fondi ai conti di deposito, come invece è accaduto nel caso dei comparti italiani, perché la nostra clientela e in generale i sottoscrittori dei fondi esteri hanno una mentalità più orientata al lungo termine», conferma Sergio Albarelli, senior director per l’Europa Meridionale e il Benelux di Franklin Templeton, uno dei leader nel mercato europeo dei fondi comuni con 99 miliardi di asset in fondi di diritto lussemburghese. Non è un caso che la raccolta 2011 abbia premiato anche nomi meno noti, ma specializzati su asset che hanno beneficiato del fligh-to-quality. Come Muzinich, società specializzata nella gestione di fondi che investono in corporate bond, che ha raccolto 2,5 miliardi. È stata un’ottima annata anche per Investec, asset manager specializzato in materie prime che conta su flussi per 2 miliardi. Questa tendenza sta proseguendo quest’anno. I dati Morningstar sui flussi dei fondi europei mostrano un inizio 2012 positivo; gli investitori nel mese di gennaio hanno investito 13 miliardi in fondi comuni a lungo termine domiciliati in Europa. In particolare, nel Vecchio continente, a differenza degli Usa, i fondi azionari hanno registrato il primo mese positivo da maggio 2011, con più di 3 miliardi di raccolta netta. Mentre i fondi sui mercati emergenti globali hanno registrati i flussi più alti da aprile. Aberdeen Emerging Markets è quello che ha raccolto di più tra i fondi della categoria «mercati emergenti globali» con 600 milioni di nuovi asset. Invece Templeton Global Bond ha dovuto fare i conti con deflussi per il quinto mese consecutivo; a gennaio gli investitori hanno riscattato più di 500 milioni. «Il rialzo dei mercati ha riportato gli investitori nei fondi», commenta Dan Lefkovitz (European Research Team di Morningstar). «È tornata la propensione al rischio. Ma il caso di Templeton Global Bond rappresenta un segnale del fatto che gli investitori troppo spesso hanno l’abitudine a comprare ai massimi e a vendere ai minimi». La scommessa sui titoli irlandesi del gestore Michael Hasenstab ha impresso una svolta alle performance del fondo, che da settembre avevano sofferto facendo scattare i riscatti. «Mentre la classe A del fondo ha reso in media il 10,1% annuo negli ultimi cinque anni», aggiunge Lefkovitz, «abbiamo calcolato che il rendimento medio per l’investitore, in base ai flussi in entrata e uscita nel periodo indicato, è stato del 5,7%». (riproduzione riservata)