Finanziamenti bancari con il contagocce, da un lato, e pagamenti sempre più lenti e sempre più in ritardo, dall’altro, stanno spingendo le imprese italiane, soprattutto le medio-piccole, verso il collasso. Ecco quindi uno strumento che si candida a essere una soluzione di sistema, su misura per le esigenze delle pmi: il factoring, ossia la cessione dei crediti. Che ha chiuso anche il 2011 con una crescita a doppia cifra del turnover (il flusso di crediti ceduti dalla clientela alla società di factoring): 168 miliardi di euro, in aumento del 22% rispetto all’anno precedente (si veda ItaliaOggi del 15 febbraio), come fotografato dal rapporto Assifact, associazione che riunisce gli operatori di settore. «Le imprese italiane ritengono che il factoring sia una forma di finanziamento complementare al credito bancario piuttosto che alternativa», spiega a ItaliaOggi Sette Antonio De Martini, presidente di Assifact. «Il ricorso al factoring da parte delle imprese, infatti, non è generalmente dovuto alle difficoltà di accesso al credito bancario, ma alla necessità di soddisfare esigenze di natura eterogenea e non esclusivamente finanziaria. Il factoring, oltre a garantire un’ulteriore fonte di liquidità, rappresenta uno strumento per gestire professionalmente i crediti commerciali dell’impresa e può fornire la garanzia del buon fine dei crediti. Non a caso le imprese italiane ritengono sovente che il factoring sia uno strumento più complesso e ricco rispetto al credito bancario. Dal punto di vista delle banche», prosegue il presidente dell’associazione, «il factoring, data la natura creditizia del servizio, presenta forti elementi di affinità con l’attività bancaria, di cui rappresenta un valido complemento. L’attività di factoring nella sua veste finanziaria e l’attività bancaria presentano alcune fasi del processo produttivo comuni, come la valutazione del merito di credito della clientela, la distribuzione e la vendita del servizio, la gestione delle relazioni con la clientela e si avvalgono di risorse comuni (tecnologie e informazioni sulla clientela). La scelta di accompagnare l’offerta di servizi di factoring alla classica attività bancaria può consentire di generare economie di scopo e di acquisire maggiori informazioni sulla clientela, con benefici sia dal punto di vista degli intermediari che da quello delle imprese».
Il confronto con il credito. Tre gli elementi che rappresentano il valore aggiunto del factoring, rispetto ai finanziamenti bancari: robustezza patrimoniale del comparto; innovazione di prodotto e, quindi, soluzioni flessibili; minore rischiosità rispetto ai prestiti bancari. Infatti, il factor valuta non solo l’impresa che cede i crediti, ma anche la qualità dei crediti stessi e quindi dei debitori. Con quali criteri? «Attraverso il servizio di gestione dei crediti (contabilizzazione, controllo delle scadenze, incasso dei crediti, sollecito dei pagamenti e azioni di recupero, etc.), il factor si inserisce in una relazione di natura commerciale già esistente tra le parti e instaura un rapporto continuativo con il cedente e, quindi, con i debitori di quest’ultimo», risponde De Martini, che aggiunge: «Poiché le operazioni di factoring si basano su relazioni commerciali, la manifestazione del rischio di credito è determinata dal rischio di insolvenza e dal cosiddetto rischio di “dilution”, ovvero il rischio che il monte crediti ceduto venga abbattuto a causa di contestazioni, sconti, compensazioni. La valutazione del rischio di credito viene effettuata pertanto sia sul rischio di insolvenza delle controparti coinvolte nel rapporto che sul rapporto commerciale sottostante, includendo nell’analisi anche gli effetti delle tecniche di mitigazione del rischio. Ciò significa che oltre ai classici criteri di affidamento tipici dell’attività bancaria, il factor tiene conto anche delle caratteristiche della fornitura, dell’affidabilità e delle abitudini di pagamento dei debitori. Sotto questo profilo, le pmi rappresentano il cliente “naturale” del factoring e hanno maggiori possibilità di accedere al factoring piuttosto che al credito bancario in quanto attraverso il ricorso al factoring esse possono “spendere” anche il merito creditizio dei propri clienti, tipicamente di dimensioni maggiori e di elevato standing».
Tassi competitivi. Da non sottovalutare, nella scelta delle imprese, la valutazione dei costi: nel giro di un anno, dal dicembre 2010 al dicembre 2011 i tassi d’interesse applicati dalle banche sulle nuove operazioni di prestito alle imprese sono cresciuti di circa l’1,4%, I tassi medi sono passati dal 2,79% del dicembre 2010 al 4,18% del dicembre 2011. I tassi d’interesse praticati nel 2011 dalle società di factoring ai clienti sono stati in genere più bassi o al massimo in linea con quelli degli altri strumenti finanziari. «Anche in tempo di crisi i tassi di interesse delle operazioni di factoring sono tendenzialmente più bassi rispetto a quelli tipici degli altri strumenti finanziari, come si vede dalle periodiche rilevazioni dei tassi di interesse effettivi globali medi di Banca d’Italia» conferma il presidente di Assifact. «Ciò è dovuto al particolare profilo di rischio dell’operazione che consente di registrare tassi di insolvenze decisamente inferiori rispetto al tradizionale credito bancario: a settembre il tasso di sofferenze nel factoring era pari all’1,89% mentre per i prestiti bancari era pari al 5,24%».
Le prospettive. Ma gli operatori di settore, malgrado il boom dello scorso anno, non hanno nessuna intenzione di fermarsi. Secondo i dati di Assifact al 31 dicembre 2011, il settore del factoring gestisce una quota stimabile intorno all’11% dei crediti commerciali inclusi nel portafoglio delle imprese italiane, pari a oltre 57 miliardi di euro di crediti ceduti in essere alla fine dell’anno. Si rivolge tipicamente alle imprese, che rappresentano quasi il 90% dei crediti in essere dal punto di vista dei cedenti, e si inserisce nei rapporti commerciali che queste hanno in essere con altre imprese (circa 52% dei debitori ceduti) ma spesso e volentieri anche con enti del settore pubblico (quasi il 30% dei debitori ceduti). «Il settore del factoring in Italia ha avuto un ruolo di rilievo nel sostenere le imprese durante l’attuale crisi», commenta De Martini, «e può avere un ruolo importante anche nel rilanciare lo sviluppo dell’economia italiana. In particolare, il settore ha dato un contributo significativo nel ridurre gli squilibri dovuti ai ritardi di pagamento della pubblica amministrazione: il settore pubblico rappresenta, infatti, uno dei principali debitori ceduti del settore del factoring, con oltre 13 miliardi di euro di crediti in essere al 31 dicembre 2011 pari a circa un terzo del montecrediti totale e a circa un quinto dell’ammontare complessivo dei crediti commerciali vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione. In prospettiva, al di là dei volumi effettivamente registrati, è possibile stimare un fabbisogno complessivo potenziale di factoring da parte delle imprese nel settore della pubblica amministrazione pari a oltre 136 miliardi di euro all’anno: appare quindi evidente come il settore del factoring possa rappresentare una prima, efficace risposta sia ai bisogni di liquidità delle imprese che ai ritardi di pagamento dei debiti di fornitura della pubblica amministrazione italiano. Tuttavia, affinché ciò accada, appare necessario risolvere alcune anomalie che costituiscono le ragioni profonde alla base dei ritardati pagamenti da parte della p.a.». E infatti per innescare la ripresa occorre far leva anche sul fronte dei tempi di pagamento: il ritardo medio è passato da 52 giorni nel 2009 a 90 giorni nel 2011, contro i 20 della Francia e i 10 della Germania. La durata effettiva dei crediti verso la p.a. (180 giorni) è la più elevata tra i maggiori paesi europei: il triplo della Francia e 6 volte rispetto alla Germania. Assifact, pur valutando in modo positivo l’annuncio del governo di procedere al rimborso di un primo stock di crediti della pubblica amministrazione per alcuni miliardi di euro, ritiene che questo non basti. Sia in termini quantitativi, ovvero di risorse sbloccate (5,7 miliardi contro circa 80 di debiti commerciali), sia qualitativi, in quanto non intervengono sulle ragioni profonde alla base dei ritardati pagamenti. In tal senso, quindi, l’associazione sta varando una lista di proposte da presentare al governo Monti, di concerto con Abi e associazioni di settore, con l’obiettivo di rimuovere i vincoli al pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione.
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