DI ANDREA G. LOVELOCK

Dalle falle ai «Fori»: destinata a rimanere negli annali marittimi, la tragedia della Costa Concordia naufragata all’Isola del Giglio è già un caso eccezionale in giurisprudenza. Ad apparire quantomeno inedito è sia il contesto giuridico che lo scenario sul versante assicurativo: già oggi centinaia di avvocati mobilitati, decine di studi italiani e internazionali, oltre 400 milioni di euro la copertura assicurativa che Costa Crociere del Gruppo Carnival aveva stipulato, cifra molto prossima a quei 500 milioni di euro investiti per la sua costruzione. A distanza di pochi giorni dalla tragedia, l’attenzione si è quindi già spostata negli studi legali: secondo una stima degli analisti specializzati in diritto marittimo, oscillerà tra gli 80 e i 130 milioni di euro il solo volume di risarcimenti per danni materiali e morali che Costa dovrà riconoscere agli oltre 3.250 passeggeri scampati al naufragio, mentre per i familiari delle vittime si prospetta un lungo iter penale che dovrà individuare ogni singola responsabilità. A fi ne gennaio si è raggiunto un primo importante accordo tra le associazioni di categoria dei tour operator (Astoi), 15 sigle di associazioni di consumatori e i legali della Costa: nell’intesa i rimborsi, i risarcimenti per danni patrimoniali e quelli per danni esistenziali saranno coperti da una cifra pari a 14 mila euro a passeggero. Risarcimenti che non riguardano, ovviamente, le famiglie delle vittime ed i passeggeri feriti, per i quali saranno defi niti altri percorsi. Un primo rapidissimo traguardo contestato da alcune sigle di consumatori, in particolare il Codacons che lo ha bocciato usando il termine di elemosina, annunciando di aver depositato alla Corte di giustizia di Miami, tramite i due studi legali americani, Napoli Bern Ripka Shkolnik e Proner & Proner, un’azione collettiva di risarcimento danni per 460 milioni di dollari contro Costa Crociere e la sua casa madre Carnival. In caso di accoglimento della richiesta, comunque, il 50% dell’importo del risarcimento andrà a coprire le spese legali e l’onorario dei due studi. In caso di insuccesso l’iniziativa non esclude una successiva class action o eventuali azioni individuali in Italia. E una class action è stata anche preannunciata dallo studio legale di Giulia Bongiorno che ha già raccolto l’adesione di circa 50 passeggeri, anche se proprio Bongiorno precisa «in modo atecnico l’abbiamo definita class action (che giuridicamente si avvìa solo per cause civili) ma la mia è una azione penale, perché sono coinvolti vari soggetti con la stessa situazione giuridica e nel dettaglio sto redigendo questa denuncia per un gruppo di passeggeri brasiliani, tedeschi e italiani. Si tratta di una iniziativa diretta ad accertare l’esatta ricostruzione di quanto avvenuto e tutte le responsabilità; in altre parole desidero raggiungere tutte le verità e siccome la Procura di Grosseto sta compiendo gli accertamenti del caso, voglio che i miei assistiti siano parte attiva». Ma è proprio sulla class action che divergono molto le valutazioni di vari esperti: per Mario Tonucci dello studio legale Tonucci & Partners, ad esempio «la class action rappresenta uno strumento moderno e vincente, capace di offrire tutela a situazioni che altrimenti rimarrebbero affidate ai rimedi tradizionali, non sempre in grado di garantire effettiva protezione ai soggetti più deboli. Inoltre, proprio grazie al clamore e all’«onda d’urto» che è in grado di generare, la class action può costituire un vero e proprio spauracchio per le imprese, ribaltando la posizione di supremazia che queste normalmente hanno nei confronti dei consumatori. Proprio per questo, credo che la class action si attagli perfettamente alle meritevoli ragioni risarcitorie dei passeggeri e dei familiari delle vittime della tragedia». Al contrario Laura Pierallini, dello studio legale Pierallini & Associati, specializzata in Diritto di Navigazione e tutela dei passeggeri, nonché esperta del mondo dei viaggi e vacanze, osserva che «l’azione collettiva introdotta nel Codice del consumo italiano ha avuto sinora una applicazione molto limitata nella prassi, e soprattutto è ancora oggetto di molti dubbi interpretativi. È opportuno ricordare che la disciplina italiana circoscrive l’oggetto dell’azione collettiva alla responsabilità contrattuale di un’impresa nei confronti dei consumatori (oltreché alle responsabilità connesse a pratiche commerciali scorrette o comunque a condotte anticoncorrenziali), e nel caso di specie, tale circostanza potrebbe comportare un affi evolimento della tutela dei diritti dei passeggeri. Le diffi coltà connesse al perseguimento di questa strada giudiziaria, sono anche testimoniate dalla scelta fatta dal Codacons di avviare una class action internazionale secondo la disciplina americana e direttamente contro Carnival, gruppo societario di cui fa parte Costa Crociere». Secondo Pierallini «la strada conciliativa permetterebbe alla Compagnia non solo di evitare di incorrere negli ulteriori costi di giudizio, ma di poter preventivare la quantifi cazione dei costi da sostenere a copertura dei danni causati». Ma come si prospetta l’intera vicenda e il ruolo giocato dagli avvocati? «Diffi cile pronosticare subito l’evolversi della vicenda giudiziaria», dice spiega Enrico Righetti dello Studio legale Righetti di Genova, specializzato in diritto marittimo. «Di certo va detto che è la compagnia, in quanto armatrice della nave, a rispondere degli atti compiuti dal Comandante, anche se il soggetto dopo le indagini amministrative, oltre alla inchiesta sommaria della Capitaneria di Porto e quelle successive formali e penali, viene ritenuto responsabile. A prescindere da questo la compagnia, dunque, risponde civilmente di tutti i danni (materiali, morali) per poi rivalersi sul Comandante se accertate le responsabilità». E proprio in questi ultimi giorni la posizione di Costa Crociere sembra aggravarsi e potrebbe portare a nuove interpretazioni circa la responsabilità oggettiva. Basti pensare alle implicazioni scaturite dai danni ambientali, ancora tutti da accertare. Per dovere di cronaca la compagnia navale è assicurata, con copertura fi no a 3 miliardi di dollari, con il colosso Standard P&I Club. Una mutua assicuratrice che solitamente definisce con le parti prima di arrivare al processo. Nel dettaglio le voci che gli avvocati stanno richiamando nelle loro richieste vanno dal risarcimento integrale di tutte le spese successive occorse per far fronte all’emergenza (i pernottamenti forzati, spese di trasporto vitto ecc.) al rimborso dei danni non patrimoniali come quelli della cosiddetta «vacanza rovinata», che si richiama alla sentenza della Corte di giustizia Ce 12 marzo 2002 n. C-168/00, ed espressamente codifi cato dal Codice del turismo (art. 47), al danno morale e shock esistenziale. I limiti della tutela risarcitoria previsti dalla normativa vigente del Codice del Turismo (dlgs 79/2011) e dalle Convenzioni internazionali applicabili, nonché dallo stesso contratto di viaggio della Costa Crociere, vanno dai 500 mila euro per i danni alla persona ai 20 mila euro per danni alle cose e 50 mila euro per altri danni. Ora, va precisato che questo tipo di domanda non sempre viene accolta nei tribunali, ma è altrettanto vero che l’attuale orientamento giurisprudenziale, non esclude a priori l’inoltro di questo tipo di richiesta, peserà poi la tragicità dell’evento Costa. A conti fatti, dunque, dovrebbe prospettarsi una duplice tipologia di danni: quello da vacanza rovinata e quello esistenziale. Ma l’eccezionalità della vicenda risiede anche nella sua contestualizzazione internazionale: quasi met&agrav
e; dei passeggeri, infatti, e gran parte dell’equipaggio, risultano di varie nazionalità ed ecco perchè sono scesi in campo diversi e prestigiosi studi legali esteri. Ci sarà Herbert Smith, avvocato di fama internazionale, che assisterà Carnival; mentre un altro famoso studio, Irwin Mitchell LLP, che rappresenterà alcuni passeggeri nord europei. Nel dettaglio sembra che la regia legale di Carnival avrà il suo quartier generale a Hong Kong dove opera appunto Smith con un team specializzato in diritto delle assicurazioni. La linea di difesa di Costa è stata implicitamente anticipata dall’ad Pierluigi Foschi che nell’audizione al Senato di martedì scorso ha testualmente dichiarato che «l’azienda non poteva fare nulla, perché il codice internazionale vieta all’armatore di intervenire sul comandante». Inoltre, dalla nave «non abbiamo avuto informazioni corrette’». La Carnival ha anche chiesto allo Studio Grande Stevens un parere sulla responsabilità oggettiva in Italia, mobilitando anche altri studi prestigiosi come Ince & Co., Clyde & Co e Norton Rose che, in passato, hanno assistito la società su questioni di shipping fi nance. Nel lungo percorso di avvicinamento ai processi che riguarderanno Costa Crociere, ci sarà perfi no il numero uno del dipartimento di «travel litigation» Clive Garner di Irwin Mitchell, alla guida di una squadra di 12 avvocati italiani e spagnoli. Ma anche sul versante assicurativo si giocherà una partita delicatissima, dove la consulenza legale diventerà decisiva: «Le grandi navi passeggeri come la Concordia», spiega Righetti, «hanno solitamente 2assicurazioni: la prima è la cosiddetta assicurazione corpi-motori, quella cioè che copre i danni alla nave. La seconda, invece, riguarda le responsabilità nei confronti di terzi per i danni derivanti da collisione, inquinamento, morte o infortuni ». Ora, il Gruppo Carnival, di cui fa parte Costa Crociere, si è sempre affidata, in entrambi i casi, all’americana Aon Corporation, leader mondiale nel brokeraggio assicurativo. C’è però un’autentica «costellazione» di altre assicurazioni e società di riassicurazione coinvolte e tra queste le Generali, Rsa Insurance, X1 Group e Lloyd`s. E nonostante il riserbo sulle cifre, soltanto alle compagnie assicurative tedesche, il naufragio della Concordia, secondo una stima dell’Hannover Rueck, società di reinsurance internazionale, costerà almeno 10 milioni di euro.