Di Anna Messia
L’ultimo valzer delle poltrone è ufficialmente aperto. Lo scorso 31 gennaio Carlo Pesenti si è dimesso dal cda di Unicredit per rispettare le nuove regole introdotte dall’articolo 26 della manovra salva-Italia che vieta i doppi incarichi nei consigli di amministrazioni di banche e assicurazioni concorrenti, considerando che il direttore generale di Italmobiliare siede anche nel cda di Mediobanca. Mentre Francesco Gaetano Caltagirone ha lasciato il cda di Mps (da cui sta disinvestendo per entrare in Unicredit) optando per la vicepresidenza delle Generali. Un vecchio problema, quello delle doppie poltrone, sollevato già in passato dall’Antitrust, ora guidato da Giovanni Pitruzzella. Da un’indagine realizzata dall’Autorità nel 2009 risultava che su un campione di 145 società atti- ve in Italia, tra banche (83 istituti di credito), assicurazioni (41 compagnie) e società di gestione del risparmio (20 sgr) il 18,6% delle imprese era caratterizzate dalla presenza di competitor all’interno dell’azionariato. E la percentuale saliva al 42,3% se si considerava il totale dell’attivo totale. Un fenomeno, tra l’altro, particolarmente diffuso tra le società quotate (60,9%). Da allora il quadro non sembra affatto cambiato e anzi dalle ultime rilevazioni sembra che siano ben 119 i consiglieri e i sindaci che ricoprono contemporaneamente incarichi in società bancarie e assicurative concorrenti. Sciogliere questi legami potrebbe provocare un vero e proprio terremoto, pronto a colpire il cuore della finanza, da Mediobanca a Unicredit, passando per Intesa Sanpaolo. E lo stesso premier Mario Monti ne è ben cons a p e v o l e : «Il mondo bancario è stato molto disturbato da noi, a cominciare da quando a dicembre, nel decreto salva- Italia, abbiamo introdotto una norma che vieta l’incrocio di poltrone nei cda delle banche e delle assicurazioni. Una possibilità che riduceva la concorrenza», ha dichiarato venerdì 3 febbraio. A rischiare la doppia poltrona in Mediobanca, solo per fare qualche nome, sono personaggi del calibro di Dieter Rampl (presidente di Unicredit), Fabrizio Palenzona (vicepresidente di Unicredit) ed Ennio Doris (numero uno di Mediolanum). A essere coinvolto è anche un altro autorevole esponente della finanza come Giovanni Bazoli, che oltre che presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo è anche consigliere di Ubi e Mittel. Per ora, a parte la mossa di Pesenti che per alcuni versi sembra aver un po’ aver anticipato gli eventi, nei consigli di amministrazione delle grandi società domina l’attesa. A fugare i dubbi dovrà essere infatti il ministero del Tesoro, che insieme alla Banca d’Italia e all’Isvap dovranno mettere a punto un regolamento attuativo che potrebbe stringere ancora di più la morsa sugli incroci o invece, al contrario, allentare la presa rendendo i vincoli più laschi. Meglio quindi essere sicuri degli effetti, e aspettare ancora un po’ prima di lasciare la poltrona. Quel che sembra probabile, però, è che in ogni caso la norma appare meno incisiva rispetto all’ipotesi estrema formulata in passato dall’Antitrust come soluzione per allentare i legami che stringono il sistema finanziario. L’autorità aveva messo nel mirino anche gli intrecci intersettoriali, mettendo sotto osservazione i consiglieri di banche che per esempio siedono nei cda di imprese assicurative concorrenti. Invece l’articolo 36 del decreto salva-Italia sembra limitare il raggio d’azione della norma alle imprese dello stesso settore. La norma parla poi di divieto di esercitare «analoghe cariche» in imprese o gruppi di imprese concorrenti. Una lettura restrittiva della legge potrebbe quindi, per esempio, consentire a un banchiere di ricoprire il ruolo di presidente del consiglio di sorveglianza di un istituto e di continuare a svolgere l’incarico di consigliere di gestione in una banca concorrente. E nel caso in cui uno dei due sistemi non fosse quello duale, sempre secondo un’interpretazione riduttiva della legge, il consigliere potrebbe continuare a occupare le due poltrone senza problemi. Ma l’interpretazione che più di altre potrebbe cambiare la portata della norma riguarda il controllo dell’impresa, che se venisse accertato libererebbe la società partecipante dall’obbligo di sciogliere gli incroci nei consigli. Un esempio su tutti può far comprendere l’importanza di questo aspetto: se venisse stabilito che Unicredit, il principale azionista di Mediobanca con l’8,7% conferito al patto di sindacato, esercitasse di fatto un controllo congiunto sulla banca guidata da Renato Pagliaro e Alberto Nagel, allora per Rampl e Palenzona cadrebbe ogni vincolo di incompatibilità, ridimensionando quindi l’effetto dirompente per l’intero settore finanziario. Una decisione che è ora nella mani della Banca d’Italia, che potrà quindi determinare l’assetto futuro del salotto della finanza italiana. (riproduzione riservata)