La clientela dai grandi portafogli è sempre più alla ricerca di sicurezza. Accanto quindi a prodotti ad alta remunerazione, i Paperoni guardano con favore a quelli assicurativi. Così, i rami private delle banche e le boutique di investimento cercano strumenti e servizi adatti a clienti sempre più in ansia, ora che il concetto di risk-free sembra essere morto e sepolto. «C’è grande interesse all’aspetto previdenza.
Poi ci sono le gestioni separate. «È una tendenza che trova riscontro in tutto il mercato. Dopo una breve pausa nella quale i prodotti unit-linked hanno vissuto un rilancio, l’alta volatilità del mercato ha riportato l’attenzione sulla protezione degli asset investiti che può essere garantita solo con prodotti assicurativi legati a gestioni separate», commenta Gianluca Bisognani, responsabile private banking Ubi Banca. Che aggiunge: «Come noto, il rischio di minusvalenze sul sottostante di questi prodotti si trasferisce in capo alla compagnia. I prodotti assicurativi più richiesti restano quelli tradizionali e di capitalizzazione, entrambi legati a gestioni separate con minimo garantito». Ma cosa chiedono oggi i clienti? «L’interesse oggi non è tanto la performance quanto la protezione del patrimonio da rischi fino a tre anni fa mai presi in considerazione, come il rischio Paese e il rischio controparte», commenta Marco Caldana, amministratore delegato di Farad international, broker assicurativo specializzato nel private insurance. «A causa del primo, dall’estate del 2011 c’è interesse a soluzioni che consentano di delocalizzare in forma ufficiale gli asset. Prima i grandi clienti diversificavano su diverse banche, oggi diversificano su diversi Paesi europei e guardano alla solidità dell’istituto bancario di riferimento e del Paese a cui fa capo», precisa. «Lo strumento assicurativo è visto come protezione del patrimonio anche ai fini del passaggio generazionale. La polizza dunque torna a essere vista come strumento di protezione, non di investimento finanziario. Infine, soprattutto nel caso dei grandi patrimoni, si chiede di avere accesso a strumenti garantiti come le polizze di capitalizzazione sia italiane sia estere per avere una doppia garanzia (sul rendimento e sul capitale, ndr)». I costi? «I contenitori assicurativi stanno sotto l’1% a cui si deve aggiungere la componente finanziaria ma il prezzo è basato su fattori anagrafici e sull’importo che si assicura», conclude il manager.
L’importanza di gestire il passaggio generazionale è confermata da Luigi Lucini, managing director del private banking di Credit Suisse. «L’offerta di prodotti assicurativi non ha valenza solo previdenziale per la clientela dai grandi patrimoni. Noi offriamo servizi di assicurazione mirati alla gestione del passaggio generazionale. Questi prodotti sono adatti a trasmettere il capitale agli eredi senza l’applicazione delle tasse di successione e in esenzione di imposta sulle plusvalenze. Noi siamo stati molto prudenti nell’uso di questo strumento, considerando che in molti ne hanno fatto un uso troppo spregiudicato. Sotto la maschera del private insurance si è nascosto un po’ di tutto, soprattutto nel periodo dello scudo fiscale», commenta il manager.
«Il 2011 è stato un anno all’insegna del desiderio di sicurezza. Noi abbiamo saputo anticiparlo offrendo Bnl private selection, un investimento assicurativo di ramo primo e ramo terzo, che consente di difendersi dalla volatilità da una parte e di partecipare alle performance dei mercati azionari globali. In realtà si può partecipare a molti temi di investimento (fondi azionari geografici e settoriali, obbligazionari globali, high yield, emergenti, flessibili) quindi non solo azionari globali. Sono 15 le case terze con cui lavoriamo», commenta Manuela Maccia, responsabile offerta e advisory di Bnl Bnp Paribas private banking. Sul prodotto, è sempre possibile, dopo un mese dalla decorrenza del contratto, modificare l’allocazione del capitale investito. Le spese amministrative di switch sono di 100 euro. «Per noi la parte previdenziale oggi si aggira tra il 15% e il 20% dei nostri attivi globali», conclude Maccia.
E l’asset allocation? «Dovrebbe includere azioni e bond, tramite fondi d’investimento, con pesi rilevanti per i Paesi emergenti, e fondi specializzati su settori anticiclici, come il beverage, o ancora obbligazioni high yield», commenta Riccardo Milan, responsabile per l’Italia di Capital strategies partners, un’agencia de valores di Madrid, equivalente di una sim italiana che si occupa di advisory. (riproduzione riservata)