di Andrea Fradeani
Lo Ias 39 potrà essere utilizzato fino al 2015. Lo Iasb ha ufficializzato venerdì scorso, attraverso un emendamento al controverso Ifrs 9, il differimento di ben tre anni del termine per l’adozione obbligatoria delle nuove regole sulla valutazione degli strumenti finanziari. Un sospiro di sollievo per le imprese europee e italiane, in particolare per le banche e gli atri intermediari finanziari, alle prese con una congiuntura che non avrebbe reso semplice una transizione contabile, magari pure opportuna ma di certo complessa e frettolosa, dai delicatissimi impatti su asset e patrimoni.
La prima motivazione alla base del congelamento dell’Ifrs 9, la cui entrata in vigore obbligatoria era prevista per il 2013, va ricercata nella sua modalità d’implementazione: la volontà di sostituire in fretta lo Ias 39, messo da molti sul banco degli imputati della crisi finanziaria per la sua prociclicità, aveva infatti spinto lo Iasb a emanare le nuove regole in tre fasi distinte. La prima, conclusa nel novembre 2009, relativa al modello di classificazione degli strumenti finanziari; la secondo, ufficializzata nell’ottobre 2010, relativa alla loro valutazione; la terza, peraltro non ancora ultimata, sull’impairment e l’hedge accounting. Uno «spezzatino» mal digerito dagli operatori finanziari che, ad oggi, non dispongono ancora nella sua interezza del nuovo principio dedicato alla finanza.
Il secondo freno alla rapida obbligatorietà dell’Ifrs 9 è venuto dalla concentrazione, nel corso del prossimo anno, della probabile approvazione di importanti principi quali la revisione degli standard sui ricavi, sul leasing e, soprattutto, le nuove regole assicurative. È sembrato opportuno pensare, per ridurre costi e difficoltà del passaggio alle nuove regole da parte degli operatori, a una data di vigenza coordinata con il successore dello Ias 39, momento che non poteva più coincidere col 2013.
Le questioni tecniche illustrate non possono far dimenticare, comunque, la motivazione «politica» dietro al rinvio dell’obbligatorietà dell’Ifrs 9 al 1° gennaio 2015: l’acceso dibattito sulla portata del fair value, in particolare in seno all’Unione Europea. La componente latina è infatti riuscita a bloccare fin dall’origine, seppure a maggioranza, il processo di endorsement nello spazio giuridico europeo del nuovo principio contabile non soddisfatta della semplice rimodulazione del modello del mark to market.