Il benchmark torna a essere uno scoglio difficile da superare per i gestori di fondi comuni. Nel 2010, secondo i dati elaborati dall’ufficio studi di Mediobanca nella nota pubblicata ieri che integra l’analisi diffusa lo scorso luglio, ben l’80% dei prodotti di risparmio gestito degli oltre 440 censiti (delle prime 25 sgr italiane) non è riuscito a superare il parametro di riferimento. Il 2009, unico anno in cui i gestori hanno fatto meglio del benchmark con uno scostamento positivo dell’1,2% (in un periodo di osservazione che parte dal 2000), si è rivelato così solo un’eccezione alla regola. Lo scorso anno invece, come noto, i fondi hanno avuto un risultato medio complessivo del 2%, mentre gli indici hanno reso in media il 3,2%. E, come detto, solo il 20% dei fondi ha superato il paniere di riferimento tornando ai valori registrati nel 2008, mentre nel 2009 la prestazione era stata decisamente migliore con quasi la meta dei fondi che aveva reso di più dei benchmark.
Lo scorso anno a pesare sono state soprattutto le performance dei prodotti obbligazionari (che sono i più rilevanti in termini di volumi di risparmio gestito) che hanno reso in media lo 0,9% e non sono riusciti a replicare il successo del 2009, quando avevano superato gli indici di riferimento dello 0,5%. Nel 2010, infatti, i fondi che investono in obbligazioni si sono attestati a una performance media inferiore dello 0,8% ai parametri di confronto indicati nei prospetti informativi e ben l’86% dei prodotti analizzati non è riuscito a superare l’asticella. Insomma, sebbene i gestori nel 2010 siano riusciti a fare meglio dei Bot (come emerso dall’analisi Mediobanca pubblicata lo scorso luglio) ottenendo un rendimento medio del 2% contro lo 0,9% dei buoni del Tesoro, non hanno però superato la prova benchmark. Stabili, invece, gli oneri di negoziazione: l’ammontare complessivo è stato pari a 124 milioni, con un costo medio dell’1,4 per mille. Lo stesso dato del 2009. Ma a calare è stata la quota percepita dai soggetti appartenenti allo stesso gruppo della società di gestione. In pratica le sgr hanno utilizzato meno le banche e le sim di casa, spostandosi verso intermediari esteri: nel 2009 la percentuale rimasta nel gruppo era stata l’8,3%, scesa l’anno successivo al 5,3%.
Tra le novità emerse dall’integrazione pubblicata ieri spunta poi l’alta esposizione che i fondi hanno verso gli investimenti in Italia che pesa per il 56% sul patrimonio da 156,4 miliardi. Il che significa quasi 2 punti percentuali in più rispetto al 2009. E di questa quota ben il 48,9% è investito in titoli di Stato della Repubblica italiana. Una scelta e un segno di fiducia nel Paese che di sicuro hanno penalizzato molto le performance dei fondi nel 2011, colpite della crescita degli spread registrate dai Btp negli ultimi mesi, cui si è aggiunto lo scivolone dei mercato azionario. Con queste ultime premesse, il prossimo esame dell’ufficio studi Mediobanca rischia di diventare pieno di insidie per i gestori e le sgr italiane. (riproduzione riservata)