Il numero complessivo dei componenti degli organi collegiali delle Autorità di controllo e garanzia sarà ridotto di 25 membri secondo quanto dispone il decreto legge varato dal Consiglio dei ministri domenica 4 e ieri firmato dal Capo dello Stato. Nel contempo, il decreto rafforza i poteri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato – e qui si vede l’impronta personale di Mario Monti con la sua esperienza di Commissario europeo alla concorrenza – in particolare nei confronti di norme lesive della concorrenza, fino al punto di potere adire al verdetto della Corte costituzionale. Un’altra importante norma fa divieto ai titolari di cariche negli organi deliberativi e di controllo di imprese di assumere analoghe cariche in imprese concorrenti. Un passo esplicito verso l’azzeramento di intrecci non solo azionari, ma anche personali, che tuttora caratterizzano il sistema societario italiano.
Dato atto di queste significative, ancorché limitate, innovazioni, c’è da chiedersi perché non sia stato compiuto il passo ulteriore: la riforma completa delle Authority riguardante i possibili accorpamenti per funzioni e finalità, le procedure di nomina dei componenti, il rapporto con il governo, il Parlamento, la Corte costituzionale (l’accennata possibilità per l’Antitrust di ricorrere alla Consulta è un esempio), la relazione con le corrispondenti Autorità europee ecc.
Non si sarebbe dovuto improvvisare perché esiste un’abbondante messe di studi e pubblicazioni al riguardo e più volte è stato avviato in Parlamento l’iter per la modifica delle norme riguardanti tali Autorità, poi però puntualmente sospeso. In particolare, è stata molto approfondita la possibile riforma delle Authority che intervengono nella materia del credito e del risparmio (la Banca d’Italia non è un’Authority, ma è una banca centrale con funzioni anche di Authority): una nuova normativa servirebbe anche ad apportare le necessarie modifiche alla cattiva legge sulla tutela del risparmio approvata nel dicembre del 2005.
La riforma in questione potrebbe conseguire indubbi vantaggi sotto il profilo dell’efficienza, della trasparenza e dell’efficacia dell’azione delle Autorità con positive ricadute per i consumatori, i risparmiatori, il mercato in genere ma anche le relazioni interistituzionali.
Se, come si è visto, non si è pensato di cogliere l’occasione in sede di predisposizione del decreto legge, l’argomento sarebbe ora pur sempre recuperabile in sede parlamentare, soprattutto se si dovesse redigere un maxi-emendamento al decreto stesso sul quale porre la probabile fiducia: sarebbe il momento per inserirvi una normativa del genere anche, se del caso, sotto forma di legge delega (procedure parlamentari consentendolo). È un’occasione, questa, troppo propizia per non essere colta. (riproduzione riservata)