Estesa fino all’età di 70 anni la tutela dell’articolo 18. Non è l’attesa riforma dei licenziamenti, ma la trovata per garantire ai lavoratori dipendenti di fruire della nuova flessibilità del pensionamento di vecchiaia (più tardi si va in pensione, più alta è la sua misura). Pertanto anche se hanno raggiunto l’età minima per la vecchiaia, i datori di lavoro non potranno licenziare i propri dipendenti fino a quando non avranno spento le 70 candeline (e salvo successivi adeguamenti, per via della speranza di vita). A prevederlo, tra l’altro, è la bozza di manovra a proposito della riforma delle pensioni. Per quanto riguarda la nuova pensione di vecchiaia, dal prossimo anno tutti i dipendenti pubblici, donne e uomini, andranno in pensione a 66 anni come i lavoratori autonomi e i dipendenti del privato; alle donne del privato (dipendenti e autonome), invece, l’età minima di 66 anni scatterà dal 2018.
Due sole pensioni. La prima novità è una semplificazione. Dal prossimo anno scompaiono le pensioni di vecchiaia, di vecchiaia anticipata e di anzianità sostituite da due sole prestazioni: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Il lavoratore che maturi entro fine anno il diritto a una vecchia prestazione, può chiederne apposita certificazione all’ente di appartenenza (Inps, Inpdap ecc.).
La pensione di vecchiaia. Come nella vecchia (ancora vigente) disciplina, la pensione di vecchiaia si consegue in presenza di un minimo di contribuzione (20 anni) e di un’età non inferiore, a regime, ai 66 anni. In tabella sono dettagliate, per le diverse casistiche, le varie età con rispettive decorrenze. Età, peraltro, che restano comunque soggette agli adeguamenti alla speranza di vita, nonché a una clausola di salvaguardia la quale stabilisce l’elevazione a 67 anni a partire dal 1° gennaio 2022, qualora questo limite non fosse raggiunto naturalmente per effetto dei periodici adeguamenti statistici (speranza di vita).
La flessibilità. Novità assoluta della nuova pensione di vecchiaia è la flessibilità che si sostanzia in un meccanismo premiale a favore di chi ritardi l’accesso alla pensione, rispetto all’età minima prestabilita per legge. Chi prosegue l’attività lavorativa oltre l’età minima di pensione, in altre parole, viene premiato con l’applicazione di un coefficiente di trasformazione di misura più conveniente. A tal fine, questi coefficienti (che sono i tassi percentuali che applicati al montante contributivo danno la misura della pensione) saranno predeterminati fino all’età di 70 anni (salvo successivi adeguamenti alla speranza di vita).
Art. 18 fino a 70 anni. Per garantire ai lavoratori dipendenti la possibilità di avvalersi della nuova flessibilità, la manovra vincola la tutela della stabilità fino ai 70 anni. Infatti, stabilisce che l’efficacia delle disposizioni dell’articolo 18 della legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) «opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità», limite che parte con il valore di 70 anni ma che poi verrà adeguato alla speranza di vita. La misura, evidentemente, è finalizzata a evitare che l’impresa possa procedere al licenziamento per raggiunti limiti di età, una volta che il lavoratore ha compiuto l’età minima di pensionamento.