Se lo Stato, con oltre 300 miliardi titoli di Stato in scadenza nei prossimi mesi, piange, anche il sistema bancario italiano non ride: nel 2012 gli istituti nazionali, sotto pressione da mesi per le ripercussioni del rischio sovrano messo nel mirino dai mercati, hanno infatti oltre 100 miliardi di bond da ripagare. Del resto, le banche italiane sono tra i più forti emittenti di titoli di debito in Europa, perché – come spiega in un report Morgan Stanley – tradizionalmente le famiglie italiane usano con disinvoltura i bond bancari come strumenti di risparmio o di investimento perché più attraenti a livello fiscale (finora con un’aliquota del 12,5% rispetto al 27% pagato su depositi e conti correnti, una disparità che finirà a gennaio 2012 con l’aliquota unificata al 20%). E l’anno prossimo una larga fetta di questi titoli andrà a scadenza: prendendo solo in considerazione le banche principali e con le scadenze più corpose, la cifra di debito corporate da rifinanziare il prossimo anno è da capogiro: oltre 12 miliardi di euro. Unicredit è quella con il conto più salato, pari a 38,617 miliardi di bond in scadenza il prossimo anno, secondo i dati Bloomberg (si veda tabella a fianco). Seguono Intesa Sp, che dovrà rifinanziare 23,244 miliardi di titoli, Mps (15,14 miliardi), Banco Popolare (14,332 miliardi), Ubi (11,84) e, ben distaccata, Mediobanca, che il prossimo anno ha obbligazioni per 6,347 miliardi che vanno a scadenza.
Se si dovessero rifinanziare ora, con gli attuali rendimenti (in media, le scadenze più ravvicinate viaggiano su rendimenti intorno all’8%, su quelle più remote superano anche il 10%), sarebbero dolori: il mercato chiede un prezzo molto alto a causa della generale incertezza dei mercati, della carenza di liquidità e dei timori specifici relativi al debito pubblico italiano, cui gli istituti domestici sono largamente esposti. «L’anno prossimo sarà molto difficile perché ci saranno anche consistenti scadenze di titoli di Stato italiani e di Treasuries americani – spiega a B&F Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali Invest Banca – già l’attuale scenario evidenzia un clima di forte incertezza: abbiamo assistito a un’ulteriore impennata dei rendimenti sui bond bancari, che testimonia la difficoltà di fare funding, anche perché la concorrenza dei titoli di Stato è notevole, i rendimenti su questi titoli sono schizzati e le banche sono costrette a offrire qualcosa in più». Non solo, perché a complicare la situazione sono intervenute anche le richieste dell’Eba per rafforzare le banche italiane, giudicate particolarmente fragili a causa dell’esposizione ai titoli di stato italiani. «Le banche italiane si considerano penalizzate dai criteri adottati, che tra l’altro non conteggiano alcuni titoli – come il bond convertibile Ubi o il Fresh 2008 di Mps – e la necessità di ricapitalizzare le costringerà a ricorrere al mercato in condizioni non favorevoli, costringendole magari a chiudere il credito alle imprese». La situazione è grave, gli interventi possibili non hanno dato i frutti sperati e adesso gli addetti ai lavori sperano in un intervento più massiccio a livello europeo. «La liquidità immessa nel sistema nei giorni scorsi – sottolinea Roghi – è la stessa iniziativa già compiuta il 15 settembre scorso: quello che allora era sembrato un intervento salvifico, in realtà non lo era perché è dovuto essere ripetuto». Quindi, è necessario rivedere ivecchi meccanismi perché «se il 2011 è stato un anno difficile, il 2012 si preannuncia come ancora più volatile», conclude.
IL RISCHIO SISTEMICO. «È chiaro che, in un momento in cui c’è un rischio sistemico su tutto il Paese, c’è anche un rischio sui bond bancari», spiegano a B&F gli esperti di Lemanik Asset Management. «Se abbiamo visto il 7% sui titoli di Stato, sui bond bancari troviamo anche rendimenti a due cifre». Ma il problema, spiegano da Lemanik, non è se le banche rimborsino o meno. «Il problema piuttosto è quello di trovare compratori: per i fondi, paradossalmente, è più facile comprare azioni, perché su quelle un prezzo c’è e se voglio posso venderle. I bond hanno invece un problema di liquidabilità, perché il mercato oggi non esiste. Giovedì – raccontano i gestori – abbiamo acquistato un bond senior emesso da una banca italiana, una di quelle che non hanno problemi di capitale, con scadenza 2014, al 14% a un prezzo di 7 euro. È evidente che non è una situazione sostenibile, in una situazione in cui sostanzialmente non c’è inflazione e i tassi ufficiali sono appena all’1,25%: è una situazione in cui non c’è equilibrio, che potrà durare 6 mesi, massimo un anno, anche se ci siamo dentro da un po’ di tempo, quindi o si rientra o si cambia completamente scenario».
In pratica, le banche italiane scontano quindi un problema di liquidità, anche prospettiva non di solvibilità. È Bankitalia, nelsuo rapporto di stabilità finanziaria, a sostenere che «nel fronteggiare l’ingente volume di rimborsi, gli intermediari italiani trarranno vantaggio da punti di forza quali: l’alto peso della raccolta obbligazionaria al dettaglio, caratterizzata da elevata stabilità; l’assenza di titoli in scadenza con garanzie pubbliche, che conterrà l’incremento dell’onere del rifinanziamento; la posizione di liquidità tuttora equilibrata pur se in calo rispetto ai mesi scorsi». Resta l fatto che, se il rifinanziamento a breve non è un grosso problema, per le banche italiane come per quelle europee si manifesta la difficoltà di «reperire adeguati volumi di raccolta a medio e a lungo termine», perché la riduzione del valore dei titoli di stato in portafoglio, collegata alla crisi del debito sovrano, sta determinando ripercussioni negative sulle disponibilità liquide delle banche.
IL NODO RIFINANZIAMENTO. Ma allora, il prossimo anno le banche riusciranno a rifinanziarsi? Dovranno accettare di pagare rendimenti stellari, con pesanti effetti sul credito alle imprese (e quindi sull’economia)? Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l’Italia di Convictions AM, ha un’opinione piuttosto netta sul fatto che l’attuale situazione di mercato – con lo Stato costretto a rifinanziarsi al 7-8% e le banche costrette a pagare anche di più – non sia sostenibile. «Ormai non c’è più tanto tempo: da qui a sei mesi la crisi in un modo o nell’altro si deve risolvere. O si rilancia in Europa la governance europea, come si sta cercando di fare, oppure salta l’euro». I possibili scenari, spiega l’esperto, sono due. «Laddove c’è una crisi – spiega Chiozzi Millelire – si annida anche un’opportunità, quindi noi pensiamo si troverà una via d’uscita da questa situazione che ci consentirà di avere una zona euro ancora più forte». A quel punto, quindi, i tassi scenderanno e anche le banche potranno rifinanziarsi sul mercato con minori patemi.
E se saltasse tutto? «Si tratta di uno scenario che sicuramente non conviene a nessuno», ma nel caso in cui si verificasse, scompaginerebbe totalmente il quadro: «a quel punto le banche, semplicemente, verrebbero nazionalizzate», aggiunge l’esperto. In ogni caso, la situazione allo stato attuale vede le banche in difficoltà. «O la crisi rientra e anche le banche potranno rifinanziarsi senza problemi oppure saranno gli stati a intervenire, e se
loro non potranno interverrà il Fondo di stabilità», dice Chiozzi Millelire. Quanto alle specifiche difficoltà delle banche a rifinanziare i propri bond, «forse potrebbe essere più facile per le più piccole, che sono più vicine alla clientela, però date le dimensioni ridotte sono anche le più fragili». Quanto alle più grandi, «Unicredit ha lo svantaggio di essere una banca sistemica, quindi dovrà avere maggiore capitale, e inoltre ha una forte esposizione sull’Europa dell’Est che la penalizza di più rispetto Intesa Sanpaolo, considerato un player più domestico».
Ma allora, considerate le difficoltà delle banche, alle prese con un mercato che rema contro e rendimenti onerosi, per un investitore che non sia spaventato dalla crisi dell’euro èmeglio puntare su bond bancari o sui titoli di stato? «per un fondo, che ha un mark to market da rispettare e una liquidità da garantire, in questo momento sono meglio i Btp perché hanno un ottimo rendimento e sono liquidi. Inoltre, se dovesse intervenire la Bce con la monetizzazione del debito, comprerebbe i titoli di stato e non i bond bancari. Ma è chiaro che il rischio bancario e rischio sovrano sono così legati a doppio filo – e quindi nella scelta tra l’Italia e Intesa Sanpaolo in fondo il rischio è lo stesso – quindi per un cassettista fiducioso sulla risoluzione della crisi i due o tre punti percentuali di rendimento in più dati dai bond bancari sono importanti», dice Chiozzi Millelire. Anche secondo Lemanik l’attuale situazione « per l’investitore italiano è un’opportunità», ma la situazione di stress che coinvolge le banche suggerisce cautela per i fondi, che nel momento in cui comprano «bond a prezzo di mercato e poi hanno delle richieste di riscatto non sono in grado di rivenderli». Questo spiega perché «oggi c’è molta liquidità depositata su asset privi di rischio e privi di rendimento», ma «anche questa situazione non può durare, perché, superata la fase critica. i risparmiatori torneranno a cercare i rendimenti e abbandoneranno i Bund» E comunque, nonostante lo stress vissuto oggi dagli istituti di credito, «nell’economia moderna non è ipotizzabile un default del sistema bancario», conclude Lemanik.