Consulenti e gestori spingono per aumentare il peso degli asset non tradizionali Ma alti costi, rischi e strutture di controllo non adeguate frenano i fondi pensione 

di Paola Valentini

 

L’industria italiana del private equity punta a coinvolgere i fondi pensione. Non è un caso se il Fondo italiano di investimento nei giorni scorsi abbia lanciato alla Mefop, la società del Tesoro per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione, la proposta di farsi promotore tra gli operatori rappresentati di costituire un veicolo ad hoc per coinvestire nelle pmi italiane.

Ma i fondi pensione sono disposti ad aprirsi agli investimenti alternativi? Alla domanda dà risposta proprio la Mefop che ha appena pubblicato l’Indagine 2011 sulla gestione delle risorse finanziarie dei fondi pensione curata Stefania Luzi e Antonello Motroni. «C’è ancora poca voglia di apportare cambiamenti alla gestione finanziaria, nonostante le riflessioni avviate dopo la crisi del 2007-2008 avessero lasciato intendere una maggiore disponibilità all’innovazione da parte dei fondi pensione», sottolinea Mefop. In particolare «l’atteggiamento dei fondi pensione sul tema delle asset class alternative appare ancora improntato alla cautela». Alla domanda se il fondo pensione impieghi strumenti non tradizionali, infatti, quasi il 70% dei negoziali e il 60% degli aperti ha risposto no e soltanto il 15% dei negoziali e degli aperti sta valutando la possibilità di farlo. Anche tra i fondi preesistenti, che in passato non hanno dovuto sottostare ai paletti del dm 703/96, prevale un atteggiamento di prudenza. Il ricorso limitato agli alternativi tra i fondi aperti è «un dato in qualche misura sorprendente: i fondi aperti sono istituiti dai medesimi soggetti che tipicamente intermediano prodotti di investimento alternativi. Era quindi presumibile attendersi un atteggiamento più disponibile e aperto», sottolinea Mefop. Mentre nessuno tra gestori e consulenti esprime dubbi sull’impiego di tali classi di attivo da parte dei fondi pensione. Ulteriore conferma sulla prudenza dei fondi pensione emerge anche dalle tipologie di investimento non tradizionale utilizzate. Poco meno del 60% impiega Etf mentre le percentuali relative a private equity, real estate, fondi hedge e azioni dei mercati emergenti sono circa la metà. «Secondo i consulenti, invece, le classi di investimento alternative cui i fondi pensione dovrebbero puntare sono fondi di private equity, hedge fund e investimenti immobiliari». Se prevale accordo nell’affermare che servono ad aumentare la diversificazione, gli investimenti non tradizionali sono percepiti ancora troppo rischiosi soprattutto dagli aperti e dai preesistenti, mentre per i chiusi c’è il problema di non essere sufficientemente strutturati per il controllo dei rischi. Tutti invece concordano nell’eccessivo costo. «Fondi pensione, gestori e consulenti (seppure in maniera più contenuta) concordano nel ritenere che anche con un allentamento dei vincoli contenuti nel dm 703/96, così come proposto nel documento di consultazione del ministero dell’Economia nel 2008, il ricorso agli investimenti alternativi non assumerà particolare rilevanza», conclude Mefop. (riproduzione riservata)