Il mercato è in attesa del decreto sui nuovi piani di risparmio che prevedono un fisco agevolato per chi investe nel lungo termine. Ecco come funzionano all’estero
Con le manovre d’estate l’architettura del sistema previdenziale italiano si è arricchita di un nuovo strumento, già presente in altri Paesi europei: i piani di risparmio di lungo termine. Ma il mercato è ora in attesa di un decreto ministeriale che ne disegni le sembianze. Proposte su come potranno essere disegnati i piani di risparmio iniziano ad arrivare dai diretti interessati. A partire da Assogestioni il cui presidente Domenico Siniscalco ha affrontato il tema in una recente audizione presso la Commissione finanze del Senato.
Cosa chiedono i fondi. Per Assogestioni i piani individuali di risparmio potrebbero essere istituiti mediante la sottoscrizione di fondi comuni, assicurazioni sulla vita, contratti di gestione di portafoglio. L’agevolazione verrebbe riconosciuta con riferimento a strumenti finanziari già disciplinati dall’ordinamento italiano e in relazione ai quali il contribuente manifesta la volontà di beneficiare del regime agevolato. L’agevolazione dovrebbe consistere, in linea con quanto previsto dalla riforma della tassazione delle rendite finanziarie, nell’applicazione dell’aliquota del 12,5% in luogo di quella ordinaria del 20% sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria conseguiti dai privati con riferimento alle attività detenute nell’ambito dei piani di risparmio aventi una durata non inferiore ad un determinato arco temporale, ad esempio cinque anni. Destinatari dell’aliquota agevolata dovrebbero essere soltanto le persone fisiche. L’agevolazione dovrebbe essere riconosciuta decorso il periodo minimo di durata e relativamente alle somme detenute per l’intero periodo.
La funzione previdenziale. Come precisato dallo stesso presidente di Assogestioni, i piani di risparmio non sono sostitutivi o alternativi alla previdenza integrativa. I piani di risparmio si pongono piuttosto in un’ottica di complementarietà rispetto al secondo (previdenza integrativa collettiva) e terzo pilastro (previdenza integrativa individuale). Diventano allora strumento di quarto pilastro, in una architettura che in futuro sembra aprirsi anche ad un quinto pilastro ovvero all’abbinamento al reddito da pensione di attività part-time o di tipo collaborativo.
Le esperienze estere. In attesa di comprendere quali saranno le sembianze dei piani di investimento, è utile citare il caso francese con i Plan d’epagne en actions (Pea) e quello britannico con gli Individual saving account (Isa). I risparmiatori possono versare nei Pea (sia in unica soluzione che con un piano di accumulo) fino a 132 mila euro. Le azioni acquistate sono riscattabili in qualunque momento ma godono di un regime tributario agevolativo se detenute per almeno 24 mesi. Il vantaggio è rappresentato dall’aliquota ridotta al 18% invece del 22,5%. Oltre i cinque anni i rendimenti dei Pea sono esenti. Gli Isa sono stati introdotti nel 1998. Si tratta di conti di risparmio in cui possono depositarsi fondi, azioni, bond, polizze e liquidità. Gli Isa sono esentasse e flessibili, è infatti possibile il disinvestimento in qualsiasi momento o il trasferimento da un Isa ad un altro. Vi è però un limite massimo di 10.200 sterline o 5.100 sterline nel caso in cui l’oggetto sia la liquidità. (riproduzione riservata)