Quinto dello stipendio: solo l’illecito civile al datore che non onora la cessione per conto del dipendente. In cambio del prestito ottenuto il lavoratore cede il quinto dello stipendio alla banca, notificandolo al datore. Il quale, però, per cinque mesi consecutivi omette di versare la somma all’istituto di credito: scatta allora l’ingiunzione nei confronti della società e della dipendente. Compie tuttavia un mero illecito civile il legale rappresentante dell’azienda: la configurabilità del reato di appropriazione indebita, infatti, deve essere esclusa perché manca l’elemento dell’altruità del bene necessario a far scattare l’illecito di cui all’articolo 646 Cp; il fatto-reato non sussiste: la contestazione mossa all’amministratore della ditta di essersi appropriato di denaro «di pertinenza della dipendente» risulta addebitata sull’erroneo presupposto che le somme da lui trattenute in qualità di datore di lavoro dallo stipendio della lavoratrice dovessero per ciò solo considerarsi trasferite nella proprietà della dipendente. Lo stabiliscono le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza 37954/11, pubblicata il 20 ottobre 2011, che chiude il contrasto di giurisprudenza.
Presupposto mancante
La regola della acquisizione per confusione del denaro e delle cose fungibili nel patrimonio di colui che le riceve, spiegano i giudici, non opera ai fini della nozione di altruità accolta nell’articolo 646 Cp. Poniamo che il datore di lavoro non onori l’obbligazione di retribuire, con il proprio patrimonio, il dipendente e di far fronte per il lavoratore o in sua vece agli obblighi fiscali, retributivi o previdenziali: non ricorre, in questo caso, alcuna ipotesi di conferimento di denaro «ab externo» e dunque il mero inadempimento non integra la nozione di appropriazione di denaro altrui richiesta affinché si configuri il delitto di cui all’articolo 646 Cp. È evidente che la fattispecie della cessione del quinto dello stipendio rientra a pieno titolo in questa categoria. Il principio di ordine più generale affermato dal massimo consesso nomofilattico è che può essere ritenuto responsabile di appropriazione indebita soltanto colui che ha ricevuto una somma di denaro (o un altro bene fungibile) per eseguire o in esecuzione di un impiego vincolato e ne appropri dandogli destinazione diversa e incompatibile con quella dovuta. Qualche esempio? Il caso in cui il denaro è conferito mezzo per l’esecuzione di una qualche forma di mandato oppure dato in deposito o pegno irregolare o in comodato, come caparra o a garanzia, per il conferimento o l’impiego in fondo patrimoniale separato.
Dario Ferrara