di Giuliano Castagneto
La questione delle pensioni rientra ormai in quella più ampia della crisi del Welfare e della povertà diffusa, a sua volta aggravata dall’eccessiva lentezza della crescita. A essere e a ritenersi poveri sono strati crescenti di popolazione. All’aumento delle cosiddette fasce deboli si accompagnano la riduzione, se non la sparizione, del ceto medio e la sempre più precaria posizione lavorativa della maggioranza degli italiani.
A temere per il futuro non sono solo le giovani generazioni, alle quali toccherà saldare i debiti che stiamo loro affibbiando, ma le classi più deboli, i dipendenti pubblici e privati, gli operai, gli impiegati, i tecnici, oltre ai professionisti, ai lavoratori autonomi, ai commercianti e agli artigiani. Otto pensioni su dieci in Italia sono sotto i 1.000 euro al mese. Secondo il rapporto Inps 2010, si tratta di 16 milioni di assegni, 12,6 milioni dei quali non arrivano ai 1.000 euro. Più di 3 milioni di anziani prendono, sì, più di una pensione, ma per oltre 7 milioni questa è inferiore ai 500 euro. Si dice che la spesa pensionistica in Italia è troppo alta: quella in capo all’Inps ha superato 190 miliardi di euro nel 2010, con 1,4 miliardi di attivo e 40 miliardi di patrimonio netto. Ma intanto anche chi ha una pensione soffre, perché essa non è commisurata al costo della vita. Oggi poco più di nove pensioni su dieci sono calcolate con il più generoso metodo retributivo (93,4%), ma come visto la generosità si ferma largamente sotto i 1.000 euro. Sono solo alcune delle cifre riportate nel volume Senza Pensioni di Ignazio Marino e Walter Passerini (edizioni Chiarelettere, in libreria da fine settembre), in cui gli autori sottolineano come i più giovani, ma anche per ampie fasce di trentacinquenni e quarantenni, la pensione sarà calcolata con il più avaro metodo contributivo che comporta assegni sempre più bassi. Da qui appare più che mai necessario far fronte all’emergenza con forme di previdenza complementari e aggiuntive, che per essere esercitate avranno però bisogno di una relativa capacità di risparmio, oggi inesistente. Si calcola che finora solo 5,3 milioni di lavoratori dipendenti abbiano aderito a fondi pensione, il 23% del potenziale, per la quasi totalità lavoratori a reddito fisso, mentre i giovani sono pochissimi. Secondo la Banca d’Italia, mettono in guardia gli autori, si è in presenza di una generazione esclusa, quella dei trentenni scoraggiati che per il 40% vivono ancora con i genitori, privi di futuro, in cerca di lavoro, e che nel 60% dei casi si vedono offrire solo impieghi temporanei, precari e sottopagati. Una generazione di sprecati, che non resterà ancora a lungo inerte prima di arrivare allo scontro generazionale con chi ha preso tanto e che oggi forse dovrebbe cominciare a restituire qualcosa. Del resto un baby pensionato, che a 45 anni ha smesso di lavorare, non dovrebbe forse pensare al fatto che nella sua vita saranno più gli anni che resterà a carico della collettività che non quelli in cui ha lavorato?
Con Senza Pensioni gli autori intendono accompagnare i lettori nel labirinto della previdenza, segnalando anzitutto le mutazioni del contesto di riferimento e le trasformazioni legislative più rilevanti che hanno aggravato la situazione. La scarsa crescita economica e il calo demografico, che riduce le forze in entrata e allunga l’età e la speranza di vita dei pensionati, hanno contribuito allo squilibrio dei conti, allo sbilancio fra entrate e uscite contributive. Il nodo pensioni si potrà sciogliere solo se l’Italia tornerà a crescere a ritmi almeno doppi rispetto agli attuali. Il Paese ha toccato il picco della crescita nel quinquennio 1958-1963, quando macinava nuova ricchezza al ritmo del 6-7%. Ora, mentre la Francia cresce del 2%, e la Germania del 2,8%, negli ultimi anni l’Italia non ha recuperato il declino della crisi (meno 5%) e cresce al ritmo modestissimo e risicato dello 0,5%. La mancata crescita riduce la torta e fa aumentare il debito, in un circolo vizioso nel quale sono ravvisabili precise responsabilità. Le sorti future della politica dipenderanno molto da chi avrà la lungimiranza, il coraggio e il consenso per affrontare una situazione esplosiva. (riproduzione riservata)