Per far fronte alle difficoltà a rifinanziarsi parte dell’attivo potrebbe essere ceduto alla Caisse de Dépôts e alle Poste francesi
«Si parla tanto del deficit patrimoniale delle banche europee, ma alla fine, queste vanno in crisi e falliscono, come nel caso di Lehman Brothers, non per la scarsezza di capitale ma per la mancanza di liquidità». Così solo pochi giorni fa, l’amministratore delegato di un’importante investment bank italiana faceva il punto sullo stato di salute del settore bancario europeo, sottolineando che le autorità europee, per prevenire una crisi generalizzata del sistema, dovrebbero decidersi a utilizzare il European Financial Stability Facility (Efsf) per finanziare le banche a medio termine in un momento in cui il mercato interbancario è praticamente chiuso.
La crisi in cui è venuto a trovarsi l’istituto franco-belga Dexia, il cui titolo ha perso ieri oltre il 20% (vedere altro articolo a pagina 23) sembra dare ragione al top manager italiano.
Se infatti il fattore scatenante è stata l’importante esposizione al debito sovrano della Grecia, il vero problema della banca presieduta dall’ex premier belga Jean-Luc Dehaene (che guida anche la squadra di esperti incaricata dall’Uefa di vigilare sul fair play finanziario delle squadre di calcio) è un modello di business che si è rivelato squilibrato: una grande quantità di crediti in essere, oltre 300 miliardi, la maggior parte a medio lungo termine a fronte di un monte depositi che supera appena 100 miliardi e di bisogni di liquidità a breve termine che, nonostante la riduzione degli attivi varata dopo il fallimento sfiorato nel 2008, raggiunge ancora 96 miliardi.
I governi di Francia e Belgio, per bocca dei ministri delle Finanze, Francois Baroin e Didier Reynders, si sono già impegnati ad «essere a fianco di Dexia» per fornire garanzie sui depositi e sostenere il finanziamento agli enti locali, in cui l’istituto gioca un ruolo chiave. Nessuna precisazione, però, sulle modalità di questo aiuto: nel 2008, quando la banca rischiò per la prima volta il fallimento, Parigi, Bruxelles e il Lussemburgo la salvarono con un’iniezione di liquidità da 6,4 miliardi di euro e fornendo garanzie pubbliche per il finanziamento a breve termine. Ma nel contesto odierno, con la tensione sui mercati e gli occhi puntati su debito e stato dei conti dei Paesi dell’eurozona, pare difficile che una simile mossa si ripeta.
Allo studio ci sono quindi soluzioni alternative, la principale delle quali è la cessione dell’ingente portafoglio di crediti agli enti locali francesi e belgi, 70 miliardi circa, a una nuova società comune costituita ad hoc da Caisse des Depots (equivalente transalpino della Cdp italiana) e Poste francesi. Il piano sarebbe stato analizzato ieri notte in una riunione straordinaria del governo belga. Sul tavolo anche la questione, già affrontata nel 2008 ma poi rimasta in sospeso, della cessione di Dexia Crediop, che vanta conti in nero e un management solido. (riproduzione riservata)