La controllata russa dell’asset management di Piazza Cordusio non andava oltre i 30 milioni di masse. Resta il rebus sulla quota dei libici
Dasvidania Russia. Unicredit esce dal risparmio gestito e annuncia la vendita degli asset di Mosca. La controllata di Piazza Corsudio, Pioneer Investments, ha confermato infatti le indiscrezioni circolate ieri secondo cui starebbe «rivedendo le opzioni strategiche» per la sua attività in Russia. La decisione rientra nel piano industriale in corso di finalizzazione che punterà ad «accelerare la crescita organica» della società del risparmio gestito. Così, mentre si concentra sulla crescita organica, Pioneer Investments, il cui 100% era in vendita fino alla scorsa primavera (in corsa c’erano le due francesi Amundi e Natixis, e la britannica Resolution), cerca di liberarsi della propria divisione russa. Divisione che, a dire il vero, non incide in misura significativa sul business della società dell’asset managet, impiegando appena una decina di persone, per un totale di 32,1 milioni di euro di masse (187 miliardi quelle totali di Pioneer). «È importante sottolineare – aggiunge la nota – che la Russia rimane un mercato strategico per Unicredit, la nostra controllante. Questa decisione di valutare opzioni strategiche è basata puramente sulla analisi della nostra attività e non riflette i piani di Unicredit per la Russia». In effetti, a inizio anno, l’ad del gruppo bancario italiano Federico Ghizzoni aveva manifestato l’interesse a una espansione in Russia, dove l’istituto di Piazza Cordusio è già presente attarverso le controllate Unicredit Bank e Yapi Kredi Moscow (nel segmento corporate & investment banking nel Paese opera anche tramite Unicredit Securities). Proprio la settimana scorsa, la divisione russa del gruppo italiano aveva ha annunciato di essersi assicurata 300 milioni di dollari attraverso un prestito sindacato, che verrà utilizzato per espandere l’attività di trading finanziario della banca e per scopi generali di finanziamento. Il comunicato diffuso ieri da Pioneer precisa, inoltre, che il processo di vendita è appena entrato «nelle fasi iniziali» e che «una volta che decisioni importanti saranno prese, le informazioni sulle prossime mosse saranno condivise con tutti gli stakeholder».
Sempre la stampa estera, ma questa volta il Financial Times Deutschland, ha svelato i dettagli del riassetto della banca di Piazza Cordusio in Germania. L’operazione prevede lo scorporo delle unità nei servizi, acquisti, sistemi informatici e la gestione delle sedi, che confluiranno in una nuova società, Unicredit Global Business Services (Ugbs). In capo ad Hvb, la banca con cui Unicredit opera nel Paese, resteranno le attività bancarie.
Intanto, le notizie giunte ieri dal fronte libico sulla caduta del regime di Gheddafi potrebbero avere un impatto diretto sulla compagine azionaria di Unicredit. Il dittatore di Tripoli, attraverso diversi bracci operativi direttamente o indirettamente controllati dallo Stato, l’estate scorsa è stato protagonista di un vero e proprio blitz nel capitale dell’istituto, di cui, sommando il 4,99% della Banca Centrale libica e il 2,59% del fondo sovrano Lia, detiene oltre il 7,5 per cento. La quota, nei mesi scorsi, era stata congelata dei diritti spettanti agli azionisti. Ma prima di comprendere cosa i soci di Tripoli presenti nel capitale di Unicredit hanno intenzione di fare (resteranno o venderanno?) bisognerà capire cosa succederà a Tripoli nell’ormai probabile post-Gheddafi.