Per avere la meglio allo sportello, gli operatori del gestito puntano tutto sui prodotti a scadenza. Tra i principali emittenti vi sono Amundi, Pioneer Investments e Arca
di Carlotta Scozzari
Per avviare il rilancio, l’industria del risparmio gestito, negli ultimi mesi, sta spingendo su una nuova categoria di prodotti: i fondi a scadenza e quelli a formula. Gli operatori dell’asset management hanno così pensato a strumenti che coniugassero alcune caratteristiche delle obbligazioni strutturate, tanto amate allo sportello bancario, con quelle dei fondi tradizionali, in modo da spingerne il collocamento anche da parte degli istituti di credito. Sono nati così i fondi a scadenza, prodotti tipicamente di natura obbligazionaria, che al vantaggio della diversificazione, tipico dei classici strumenti del risparmio gestito, uniscono due plus che invece sono per lo più prerogativa dei bond: una cedola, che può essere annuale così come semestrale, e una scadenza. Quest’ultima caratteristica fa sì che il rendimento del prodotto sia certo in una data unità di tempo, cosa praticamente impossibile da stabilire quando si tratta di prodotti tradizionali dell’asset management. In questo modo, si può offrire all’investitore – soprattutto allo sportello bancario – un prodotto più facilmente fruibile e identificabile. Il gestore, dal canto suo, ha la possibilità di modificare il portafoglio come meglio ritiene, ovviamente restando all’interno dei paletti stabiliti dalla politica di investimento del fondo a scadenza. In un momento come quello attuale, ad esempio, è facile immaginare che i gestori di questi fondi abbiano spostato il focus rispetto ai bond dei Paesi europei periferici, Italia compresa.
I PRODOTTI A FORMULA. È invece più complesso il discorso per i fondi a formula, confezionati come prodotti del risparmio gestito, ma nella sostanza più simili a obbligazioni strutturate e polizze index linked. Il rendimento, infatti, è generalmente agganciato a formule matematiche ideate dalle banche di investimento a cui la Sgr si rivolge. È vero che è previsto un collaterale a garanzia di questi strumenti, che di fatto sono dei veri e propri derivati, ma è altrettanto vero che spesso risulta di difficile comprensione ai più non soltanto il prezzo del prodotto ma anche l’iter che consente di arrivare al raggiungimento del rendimento. Tecnicamente, il portafoglio dei fondi a formula è in genere così suddiviso: a una componente di funding (tipicamente obbligazioni a medio termine) se ne unisce una di opzionale (derivato, di regola un equity swap). La prima ha l’obiettivo di permettere di rimborsare a scadenza il capitale investito, in tutto o in parte a seconda dei livelli di protezione, mentre la seconda serve a fornire l’extra performance legata alla formula individuata. Tra gli aspetti che differenziano gli strumenti a scadenza e a formula da quelli tradizionali, una struttura di costi piuttosto articolata, senza contare che in genere è prevista la possibilità di entrare solo durante il periodo di sottoscrizione (fondi a finestra) e sono stabilite commissioni di ingresso e di uscita (queste ultime maggiori tanto quanto più lo è la distanza dalla data di scadenza). Se poi è prevista qualche garanzia, questa, come in genere avviene per le polizze index linked e le obbligazioni strutturate, tipicamente vale solo a scadenza.
I PRINCIPALI EMITTENTI. Tra i maggiori emittenti di fondi a scadenza e/o a formula sul mercato italiano, ci sono le francesi Amundi Sgr e Bnp Paribas, e le italiane Pioneer Investments (gruppo Unicredit) e Arca Sgr (si veda tabella a pagina 19 per i prodotti lanciati nel 2011 da questi operatori). Come spiega Simone Bini Smaghi, vice dg e responsabile Sviluppo e marketing di Arca Sgr, «i fondi Arca Cedola, nati a marzo 2009, hanno raccolto già oltre 1.800 milioni». Si tratta di strumenti «che investono, in modo estremamente diversificato, in obbligazioni governative di Paesi sviluppati o emergenti e in bond societari. Offrono ai sottoscrittori la possibilità di incassare una cedola semestrale, hanno una durata definita di cinque anni e, soprattutto, hanno rischiosità e volatilità decrescenti. Ciò avviene principalmente poiché i titoli sono mantenuti fino alla scadenza». Tali fondi, sintetizza Bini Smaghi, «che non prevedono alcun investimento azionario, puntano a sfruttare le opportunità dei Paesi emergenti. Riteniamo che un’ampia fetta di risparmiatori possa essere interessata, anche se vi sono delle distinzioni: i fondi Cedola sono più indicati per chi ha un orizzonte temporale di breve-medio periodo, mentre Arca Bond Paesi Emergenti Valuta Locale offre opportunità potenzialmente superiori grazie all’investimento in valuta». Per Gabriele Tavazzani, condirettore generale e responsabile Sale & marketing di Amundi Sgr, in generale «i fondi a formula rispondono all’esigenza sempre più diffusa della clientela, anche a causa di mercati incerti e con elevata volatilità, di investire in prodotti che coniughino potenzialità di performance, attraverso l’investimento in classi di attivo rischiose quali i mercati azionari, con una forma di garanzia o di elevata protezione del capitale a scadenza». Quanto all’offerta di Amundi, Tavazzani precisa che «il risultato conseguito a scadenza è noto a priori. Inoltre, la formula è garantita da una società del gruppo Crédit Agricole. I fondi a formula Amundi – prosegue l’esperto – prevedono sempre un’elevata protezione del capitale investito, anche in caso di scenari di mercato negativi. In talune emissioni, è prevista anche una garanzia del 100% del capitale investito». Tecnicamente, fa sapere Tavazzani, i prodotti a formula «si avvalgono di strumenti derivati, tipicamente contratti swap, attraverso i quali il gestore scambia con alcune controparti di mercato il rendimento del portafoglio del fondo con il risultato dell’indice, in genere azionario, sottostante alla formula. Il reale vantaggio per il sottoscrittore è quello di investire in una “formula” che non potrebbe replicare autonomamente e nell’ambito della quale viene completamente garantito dal rischio di controparte sugli strumenti derivati».