Sanzioni amministrative alle imprese anche per reati ambientali commessi da manager e dipendenti. Recependo alcune direttive europee sulla tutela ambientale (direttiva 2008/99/ce e 2009/123/ce) l’Italia ha allargato la platea dei reati da cui scaturisce non solo la punizione del colpevole, ma anche delle imprese di cui il responsabile sia un soggetto apicale o un dipendente. Diventa sempre più corposo, dunque, il catalogo dei reati da cui scaturisce la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti contenuto nel dlgs 231/2001. Una ragione in più perché le imprese adottino le cautele previste dal decreto stesso per fare in modo che dalla condanna del manager o del dipendente non consegua l’effetto di far condannare anche le imprese a sanzioni pecuniarie o interdittive (fino alla sospensione o chiusura dell’attività).
In effetti il decreto 231 è diventato uno spauracchio nel momento in cui ha inglobato i reati collegati alla sicurezza sul lavoro: con quelle fattispecie e ora con i reati ambientali il sistema del decreto è diventato decisamente temibile. Un buon amministratore non può più sottovalutare il problema. Non siamo più in una situazione come quella iniziale in cui il numero circoscritto di reati e il tipo di reati previsti era tale da non suscitare eccessivo interesse. Con l’allargamento delle ipotesi di reato a base della responsabilità amministrativa delle imprese a fattispecie statisticamente più frequenti (si pensi appunto ai reati colposi in materia antinfortunistica o agli scarichi di acque reflue dal ciclo produttivo) la possibilità per l’impresa di incappare nella maglie del decreto 231 è diventata concreta.
Questo vale soprattutto per la new entry dei reati ambientali.
La responsabilità delle imprese, ed questa la parte alla quale le imprese stesse devono fare più attenzione, deriva ora anche dalla commissione dei reati previsti dal Testo Unico per l’ambiente ( dlgs 152/2006). Si pensi, come accennato, ai reati connessi agli scarichi industriali, alla omessa installazione di sistemi di controllo degli scarichi di capannoni, alle fattispecie di inosservanza di obblighi posti dall’autorità; allo stesso modo la responsabilità scatta anche per le violazione connesse alla gestione e smaltimento dei rifiuti, compresa la violazione dell’obbligo di bonifica dei siti o il traffico illecito di rifiuti; nel settore industriale i reati che trascinano una responsabilità amministrativa attengono alla realizzazione di impianti produttivi senza autorizzazione o al superamento di valori soglia di sostanza a rischio.
Infine, per effetto del nuovo decreto legislativo, scatta la responsabilità delle imprese anche per l’uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, e per il reato di distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto, (due reati di nuova introduzione nel codice penale).
Il quadro della responsabilità amministrativa si completa con le fattispecie relative al commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (legge 150/1992), alle misure a tutela dell’ozono (legge 549 del 1993) e infine alla tutela contro l’inquinamento provocato da navi ( dlgs 202/2007) .
Il catalogo, considerando gli altri reati che nel corso del tempo si sono aggiunti al testo base del decreto 231, comprende le truffe in materia di erogazioni e contributi pubblici, i delitti informatici e i trattamenti illeciti di dati, l’associazione mafiosa e altri delitti di criminalità organizzata, alcuni reati contro la p.a. (concussione e corruzione ); ma anche le falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento, i delitti contro l’industria e il commercio previsti dal codice penale.
Un altro settore importante è quello dei reati societari (per fare alcuni esempi si va dal falso in bilancio alle illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o dalle operazioni in pregiudizio dei creditori all’aggiotaggio).
Rientrano nel campo di applicazione del decreto 231 anche i delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, i delitti contro la personalità individuale.
Tornando su temi economici ed aziendali sono fonte di responsabilità amministrativa i reati di market abuse e le fattispecie di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro e i delitti in materia di violazione del diritto d’autore. Chiudono il catalogo i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e l’induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Per sfuggire alla responsabilità, l’impresa deve dimostrare la sua dissociazione preventiva da eventuali reati e in particolare dovrà avere adottato un modello organizzativo di gestione e controllo, idoneo alla prevenzione di reati. Al modello può affiancarsi un codice etico, ma soprattutto l’impresa deve dare prova di avere adottato sistemi di audit interno: si deve dare prova che il reato non è inserito in una anomala politica d’impresa.
Tutto ciò per evitare sanzioni pecuniarie calcolate con il sistema delle quote: la legge prevede un numero di quote da moltiplicare per un’unità di misura stabilita in base alla capacità economica dell’ente (e tanto più elevata quanto più forte economicamente è l’impresa). Nei casi più gravi la legge prevede confische, l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e anche l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e anche il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
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