La Cassazione ammonisce i direttori di banca sul rispetto delle norme antiriciclaggio. Devono infatti pagare di tasca propria e in solido con l’istituto di credito sanzioni salate se non segnalano grossi spostamenti di denaro con assegni circolari. Non è necessario, ai fini della segnalazione, che l’operazione sia particolarmente sospetta. Con la sentenza 15304 del 12 luglio 2011, la Corte di cassazione ha raggiunto un importante approdo giurisprudenziale che attribuisce al vertice di filiale, oltreché una colpa per omesso controllo sui dipendenti, anche una responsabilità diretta.
È successo in una filiale della Banca di Roma (oggi Unicredit). Un direttore aveva firmato degli assegni circolari fra persone diverse per un importo pari a 150 mila euro, senza l’intervento di intermediari abilitati. L’operazione era stata scoperta dalla Guardia di finanza che l’aveva segnalata al dipartimento del tesoro del ministero. A questo punto era scattata una sanzione salata. Oltre 3 mila euro. Il vertice di filiale l’aveva impugnata ma il Tribunale di Palermo aveva respinto l’istanza. Contro questa decisione l’uomo ha presentato ricorso in Cassazione illustrato da cinque motivi. In prima battuta il manager ha contestato il fatto che la contestazione fosse arrivata troppo in ritardo. La seconda sezione civile ha respinto questo motivo ricordando che «il giudice di merito si è correttamente attenuto, in fattispecie nella quale l’accertamento dell’illecito era avvenuto ad opera della Guardia di finanza e la contestazione da parte dell’organo ministeriale, al principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui, quando l’organo addetto all’accertamento e quello deputato alla contestazione sono diversi, il termine decorre dopo un ragionevole lasso di tempo tale da consentire le opportune valutazioni del caso». Nel secondo motivo la difesa ha contestato un’applicazione così estesa delle norme sull’antiriciclaggio. Anche su questo fronte gli Ermellini gli hanno dato torto: secondo loro, infatti, la Corte palermitana «aveva correttamente spiegato che l’obbligo di segnalazione, incombente sull’azienda di credito ai sensi dell’articolo 5 del dlgs 143 del 1991, si riferiva al trasferimento tra soggetti diversi di titoli al portatore, senza l’ausilio di intermediari abilitati, come previsto dal primo comma della norma, infrazione», secondo la Corte, «di carattere formale non esigente il concorso di altri elementi, in particolare il sospetto di riciclaggio». Poi vengono le considerazioni sulla posizione personale dell’ex direttore. Per i giudici di legittimità, «correttamente il giudice di merito ha ravvisato la responsabilità personale del direttore, quale persona fisica organicamente rappresentante, nella suddetta qualità, dell’azienda di credito, destinataria del precetto sanzionato e comunque obbligata ,ex art. 6 L.cit.,al pagamento della sanzione in solido con il trasgressore, in un contesto nel quale l’apposizione della firma sugli assegni circolari emessi nell’ambito dell’irregolare operazione di trasferimento, che esplicitamente si ammette nel mezzo d’impugnazione, ne aveva comportato il coinvolgimento a pieno titolo nella condotta omissiva sanzionata, con conseguente configurabilità, quanto meno, della colpa, non solo in vigilando sull’operato dei dipendenti, ma anche diretta».